recensioni dischi
   torna all'elenco


MONTAUK  "Vacanza/Gabbia"
   (2017 )

Ecco una band che ha l’ambizione ed il fermo proposito di scoprire, ad ogni costo, scomode verità che riguardano la manipolazione psicologica degli individui. Ma il corrosivo dubbio, che tutto ciò sia solo frutto di leggende metropolitane, li rende abrasivi non poco. Parliamo dei Montauk, tormentato quartetto che non accetta l’idea che tutto possa rivelarsi sempre con una verità bifronte, come il mitologico Giano. Intanto, dandosi quel nome han voluto stabilire un punto fisso, un quartier generale, l’ideale location per giustificare la mole di rabbia che gronda nel disco ed esorcizzare (l’eventuale) inganno insito. I 13 pezzi di “Vacanza/Gabbia” nascono proprio dall’intento di inquadrare il mondo con maggiore acume, per rivelare a sé stessi che è sempre meglio chiedersi se, di fronte ad un evento piacevole come la vacanza, in realtà si possa celare psicologicamente una gabbia. In fondo, non si scappa dalla città perché, in qualche modo, ci sentiamo prigionieri di qualcosa? E’ indubbio che un fondo di verità ci sia. L’aspetto musicale imbastito dai Montauk è costruito su muri post-punk impenetrabili e astiose filippiche, congegnate in un trip deviato ed irrisoluto. Non ci sono digressioni d’indagine nell’ideologia della band: si procede a testa bassa per dare un volto alla verità. Nessuna via di mezzo né compromessi buonisti, in quanto il gruppo s’è preso il rischio di apparire paranoico per poi portare a termine una missione con tanto di attributi. Va beh… si può discutere del tanto caos sanguigno che scorre nelle tracce, ma qui si tratta di schegge impazzite. Le prime tre (“Privata”, “Estate” e “Routine”) non lasciano scelta. Prendere o lasciare: questo è il dilemma. Però con “Milano” già la tattica vira con una provvidenziale inchiodata ritmica, e fino all’ultima traccia va riconosciuto, ai quattro guerrieri, la capacità di non finire in gabbia anche loro, in un impianto stilistico sorretto dal solo ideale progettistico di insistere su taglienti noise-core e postulati stoner per rendere meglio l’idea. In aggiunta, piccole incastonature di pop rendono il loro diamante scritturale meno grezzo, affinché il concetto di “solitario” sia riconducibile alla mera tipologia del gioiello e non configurarlo con la sensazione che prova chi ascolta l’album. Un disco eclettico, ruvido, spigoloso e, come detto, bramante di verità, che sa elargire non poche varianti su muscolose tensioni ritmiche. Sull’isola di Long Island c’è l’incriminata località di Montauk: se volete approfondire fateci un salto ma portatevi una copia di “Vacanza/Gabbia”. Vale come passaporto. (Max Casali)