recensioni dischi
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MISTONOCIVO  "Superego"
   (2017 )

Un suono sintetico che sembra preso in prestito da ''Propiedad Prohibida'' di Battiato ci introduce alla nuova raccolta di affascinanti incubi dei Mistonocivo, intitolata "Superego". Le usuali parole lancinanti di Cortelazzo non si fanno desiderare neanche stavolta, al quinto album della band, così come l'approccio onirico e visionario ("sono solo, ho freddo, pesante come un sogno", "niente più ossigeno, il cielo sembra liquido"), accompagnati da una musica che indugia maggiormente nell'elettronica rispetto al passato. "Cani che come me voglion solo mordere", frase di "Cane alpha", è cantata da Cristiano con una tale rabbia da ricordare quella di Trent Reznor, mentre protagonista è il suono distorto di basso. Nella strofa più tenue e dub invece la voce è recitata; compaiono dei pizzicato strings, e più in generale le possibilità delle tastiere vengono sfruttate in maniera massiccia e completa. Tanti gli inserti di note cupe di pianoforte. Il testo di "Ozono" rievoca il gusto del dramma della precedente "Serpe" (2009), e comunica un assunto che può essere preso come manifesto poetico: "Trasformerò lacrime in splendide opere"; la sperimentazione timbrica del basso qui giunge ad un suono acido e nasale, mentre il brano viene concluso da un lead synth drammatico. In "Arpa" l'invettiva si fa più nitida - "vorrei un fucile per freddarti subito", "ti disintegro" - prendendosela con le figure di cartone della televisione commerciale e l'ostentazione e l'opulenza, mali dei nostri tempi da almeno 40 anni che non mostrano segni di cedimento, ma la musica inizia a seguire tonalità maggiori lasciando presagire qualche cambiamento di atmosfera, e infatti la successiva "Anima", dolce pezzo strumentale di pianoforte, funge da spartiacque a quelle che sembrano due distinte zone dell'album. "Vocobass" presenta un arpeggiatore che esegue una suggestiva sequenza di accordi sostenuti dalla stessa nota di basso, creando le cosiddette "good vibes", e l'aggressività dell'inizio lascia spazio a liriche più accorate: "Sopra il mondo, sotto un ramo, rivivo quel che ti dicevo, aspettami, puoi credermi o no?". La ritmica introduttiva di "Agil Dream" sembra richiamare quella di "Smack my bitch up" dei Prodigy, e invece il brano si sviluppa in maniera lieve, con un refrain riscaldato da degli strings pad, e in evidenza tutto il tempo c'è il piatto charleston - o meglio, il closed hi hat, come nominato nelle batterie elettroniche - che viene sfruttato sia dritto che in reverse, mentre il pianoforte accompagna le parole "goditi il vento". Una carezza inaspettata dall'autore di ''Shvrentz'', che continua nei suoni di "Ultraterrestre" con suoni d'acqua, e che ospita il vocoder nel refrain. Gli ultimi due brani riportano un po' della (in)sana allucinazione tipica dei Mistonocivo: "Ego" descrive una particolare situazione di ebbrezza alcolica che porta al delirio di onnipotenza ("posso ballare sul tetto, però poi mangerò il mondo"), cantata con una voce ipercompressa, e con un vocoder dal suono sott'acqua viene recitato qualcosa di misterioso in tedesco, accompagnato da una chitarra pulita. Chiude l'album lo strumentale "Circofante", un delirio circense dove lo straniamento viene garantito da un synth trumpet e il trillo di uno xilofono - suoni presi probabilmente da un noto software fruttato - e lo smarrimento prende il sopravvento concludendo con amare note di mandolino. Il progetto vicentino, ora trio, propone un interessante rock elettronico post-industriale - l'elemento industrial è chiaro fin dal rullante di "Wo" - che non farà rimpiangere l'indimenticata "Blackout" e quel periodo dorato. (Gilberto Ongaro)