recensioni dischi
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PARRIS HYDE  "Mors tua vita mea "
   (2017 )

La nuova band di Parris Hyde porta il suo stesso nome e il suo inconfondibile marchio di fabbrica. Dopo una carriera trentennale, il compositore milanese decide di (ri)mettersi in gioco con un nuovo gruppo, un progetto rinnovato e la stessa, frizzante energia degli esordi. All’heavy metal si uniscono e fondono alcuni stilemi del trash metal, dell’hard rock e del rock classico, e il risultato complessivo è un’opera di grande interesse.

Rimettersi in gioco cercando di proporre idee nuove, di portare a maturazione tutti gli insegnamenti ricevuti e soprattutto dati fino a ora, restando sé stessi, senza tradire i propri ideali e gusti: solo così si può continuare a dar vita a opere ambiziosi, dense, complesse, come è il disco d’esordio del nuovo gruppo omonimo di Parris Hyde. La mastodontica apertura, così sinfonica e dolce, prelude al primo assalto sonoro duro e roccioso di “2ND2NO1”, dove subito il quartetto splende: i cambi di ritmo disegnati dalla batteria sono seguiti splendidamente da basso e chitarra, e la voce dà un contorno epico all’insieme. L’aggressione – sempre divertita, ironica, sorridente, ma, si badi bene, mai banale o semplice – continua senza sosta con “I Killed My Wife with a Knife”, dove a splendere sono le contorsioni virtuosistiche della batteria, la linea complessa della chitarra e i cori. Altre acrobazie caratterizzano “I Love Shopping (With Your Money)” e “Life on the Line”, dove il trattamento vocale è sempre estremamente preciso, fortemente studiato nelle sue sottigliezze, che hanno aperture melodiche da hard rock così come “Far Away”, dove la voce sembra dare il ritmo a tutto il gruppo. Le influenze passate di Parris – trash metal, hard rock – lasciano il segno anche in questo lavoro, che non è mai monolitico, ma si presenta ricco di sfaccettature anche sottili e difficili da cogliere.

Le chitarre risultano sempre molto curate, così come le tracce vocali. “Digital Dream Land” colpisce per la sua bellezza nell’alternare momenti rilassati, cantati con ironia, a esplosioni improvvise, quasi arrabbiate, ma sempre caratterizzate da quell’aria scanzonata che esalta ed emoziona l’ascoltatore. I picchi dei soli di chitarra sono qui e nella più dolce “Alone”: quest’ultima ha gli elementi della ballata da metal sinfonico unito ai Black Sabbath. Decisamente più dura è “The Third Millennium Disillusion”, che è anche uno degli episodi più riusciti dell’intero album, e riesce a dare forza e far pensare al tempo stesso.

Si entra poi nel mistero e nella sperimentazione con “Border of Mexico”, altra grande prova di come Parris intenda la musica: è un viaggio verso territori inesplorati, che si percorrono carichi delle proprie esperienze e dei propri raggiungimenti, ma con una volontà di conoscere cose nuove e di esplorare i limiti di sé stessi infinita; i flauti che fanno da intermezzo tra una processione e l’altra ne sono la testimonianza. Bellissima è anche la versione gotica di “I Killed My Wife with a Knife”, prima traccia bonus, attraverso la quale sembra di varcare le soglie di una chiesa medievale sconsacrata. Le altre due bonus tracks, la divertentissima “Metal Bells”, rifacimento roccioso di Jingle Bells con un’atmosfera in bilico tra il grottesco, lo scanzonato e il trasgressivo, e il remix, rapido ma diretto e riuscito, di “Fear of the Dark”, completano un’opera che rappresenta un altro tassello positivo all’interno di una carriera decisamente brillante. (Samuele Conficoni)