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MILLELEMMI  "Italodelicastrofunk"
   (2017 )

Se può esistere una definizione di rap futuristico fatta con cognizione di causa, non è certo quello elementare di Fabri Fibra. Perché l'aggettivo futuristico abbia senso di esistere, si deve portare avanti perlomeno una sperimentazione nel linguaggio, un tentativo di superare le comuni regole della fabula e dell'intreccio. Millelemmi compie questo sforzo nel suo album "Italodelicastrofunk" uscito il 20 gennaio 2017, che già dal titolo preannuncia la sua predilezione per i giochi di parole, dimostrato anche nei lavori precedenti. Si può fare da subito una considerazione di carattere generale: ciò che ascoltiamo qui non va inteso come una normale narrazione di senso compiuto, con un messaggio univoco. Nelle sue caleidoscopiche rime il rapper fiorentino inanella una fitta serie di visioni spaziali, accostate a simbolismi come il terzo occhio e l'occhio di Horus, e diverse citazioni cinematografiche (i più scaltri noteranno anche "Lola rennt"). Il "Demetrio Intro" ci catapulta subito in questo originale incontro del rap con l'acid funk. Accordi distesi con suoni synth accompagnano frammenti di frasi non intelligibili, pitchati e mescolati allo scratch. Millelemmi ci annuncia la "metasemantica", ma si potrebbe anche parlare di metarap e metafunk, dato che qui tutto riflette su sé stesso come in una dimensione parallela speculare. Se l'introduzione disorienta, "Spaziofunk" lo fa ulteriormente. Dopo aver citato Marty Mc Fly, Doc e il flusso canalizzatore di ''Ritorno al Futuro'', dopo aver parlato di un raggio laser viola, nebulose e "materia grigia pastafrolla", forse il discorso finale tratto dalla serie tv "Battlestar Galactica" del 1978 riesce a motivare questo lessico all'apparenza scollegato: "Sai come ho percepito uno degli avvenimenti più belli dell'universo? Attraverso queste ridicole gelatinose orbite che ho nel cranio (...) io non voglio essere umano, voglio vedere i raggi gamma, voglio udire i raggi X e voglio sentire l'odore della materia oscura". La lingua parlata tradizionale è limitata per descrivere questo desiderio di integrare in sé l'intero universo, quindi le parole si disperdono come polvere di stelle nello spazio. La musica scelta per i flow è invece molto riconoscibile: si rifà come scritto prima ai suoni acid funk, evidenti soprattutto in "Todo modo" che ricorda la galvanizzante saturazione timbrica dei Daft Punk in ''Short Circuit''. L'album è concepito come un trip psichedelico, "Apri la porta" inizia con la voce di uno stewart d'aereo che invita a rilassarsi e godersi il viaggio. I ritmi sincopati funk si fermano un attimo in "Come le orche", un lento a modo suo romantico, in cui oltre all'amore ricompare quell'aspirazione panica dannunziana che si cercava nei brani precedenti: "in osmosi siamo il cosmo intero". Vi è venuta l'ansia leggendo fin qui? E allora prendete il "Tavor", brano di 58 secondi dove il toscano fa una bischerata: intona una melodia infantile sopra un arrangiamento alla Tricarico. Dopodiché si riparte col funk più spinto in "Baddest Funk", dove compare il supercalifragilistichespiralidoso del nuovo millennio: stanzacquabiocosmoludofumolampimentaljudo. Un vero scioglilingua che il virtuoso Lemmi1000Rap (si chiama anche così) pronuncia come nulla fosse. Gli ultimi due brani hanno una tematica più consueta, l'approccio con una tipa vista in un locale; in "Inventando" l'accento fiorentino viene marcato ("tutto sommaho non è male dai", "o forse sai solo una sega te") e si conclude con un'esilarante situazione con un barista, mentre il brano di chiusura "C.C.L.A" è un acrostico che significa "Che cos'è l'amor", ma a differenza di Vinicio Capossela che enfatizza la S di cos'è, il rapper arrota la R di amor; il pezzo viene chiuso da una coda fatta con talkbox e voci naturali modificate e da un lungo scratching. Millelemmi è consapevole che la letteratura italiana sia un pozzo senza fondo da cui attingere, sia per concetti e contenuti che per forme di scrittura; e si immerge creando questi pastiche letterari che quasi stordiscono, in assenza di un filo conduttore tradizionale. Forse alla fine del primo ascolto dell'intero album ci si può sentire un po' frastornati, ma meglio essere super stimolati in questa maniera giocosa e colta che non avere nessuno stimolo. Con ripetuti ascolti poi le coordinate si trovano, e vuoi mettere la soddisfazione? (Gilberto Ongaro)