GHOST "Il senso della vita"
(2017 )
Qual è il senso della vita? Se lo chiedono i Ghost, nel loro quarto album chiamato appunto "Il senso della vita". La band romana ha una ventennale esperienza (fondata nel 1995), ha vinto svariati premi prestigiosi fra cui il Premio Lunezia, e dal 2010 al 2011 ha raggiunto sia il Disco di Platino che il Disco D'Oro. Per quest'album i Ghost possono vantare la presenza di personaggi del calibro di Enrico Ruggeri e Ornella Vanoni, quest'ultima presente nel singolo "Hai una vita ancora" che ha anticipato l'uscita dell'Lp. Le parole cantate restano in bilico tra un certo sentimentalismo esistenziale ben riconoscibile in Italia, e discrete riflessioni sulla vita, le ingiustizie e la guerra, celate fra termini semplici. Ad esempio ne "Le mie radici" si sente dire: "Buonanotte a quel mondo che non sa parlare, e si veste d'incenso per far male". Può essere una sottile allusione alla principale istituzione religiosa che domina le coscienze italiane da duemila anni con il suo potere temporale ancora intatto? Per il resto non compaiono molte altre frasi così incisive, anzi prevale (per fortuna) la direzione romantica in cui forse i Ghost si sentono più a proprio agio. Difatti convince poco il tentativo di fare ironia con la penultima canzone "Non è una favola", introdotta da un frammento del Cantafiabe a cui seguono alcuni luoghi comuni abbastanza scontati. Decisamente meglio, invece, quando la band formata dai fratelli Magistri si lascia andare alla tenerezza come in "La verità", anche e soprattutto per la musica. Gli inserti orchestrali sono una firma presente in buona parte dell'album, ma in questo brano in particolare il gusto sanremese si esprime in tutta la sua delicatezza, con immagini intime di persone che passano le notti a pensarsi e cullarsi tra sogni e ricordi, fino ad arrivare a una coda particolarmente emozionante, un bel brano pop con cori che accarezzano lo spirito, di quelli che vorresti non sfumassero mai. Anche in "Oggi" le corde delle emozioni vengono colpite, con una bella ambientazione che un tastierista definirebbe "paddosa". Un plauso va in particolare al sassofonista per la sua interpretazione toccante ovunque compaia. L'intenzione sostanzialmente pacifica dei Ghost è sostenuta da bravi musicisti, interessante il gioco ritmico in "Il cuore del mondo" che presenta una batteria in half time shuffle in strofa, che nel ritornello diventa shuffle semplice. La semplicità può veicolare messaggi molto importanti, Nomadi docet. Infatti è presente anche una cover dell'indimenticata "Ho difeso il mio amore", con un'interpretazione dignitosa che non rovina l'originale, però neppure la valorizza di qualche novità stilistica come è capitato di fare, ad esempio, ai Negramaro con altri brani del passato. Nel complesso, quest'album è stilisticamente perfetto per il mercato italiano. Forse pure un po' troppo perfetto, dà quasi l'idea di essere confezionato a tavolino, con la probabile hit estiva creata ad hoc quale "Un'estate unica", e questa impressione disturba un po'. Forti della loro lunga esperienza, per il prossimo album i Ghost potrebbero permettersi di sperimentare un po' di più, pur restando all'interno del loro settore. Ad esempio l'elettronica potrebbe diventare un po' più presente, mentre per ora resta solo un orpello decorativo che non rompe mai la formula pop rock con orchestra. Nonostante questo, l'Amore e la Vita sono i concetti più comuni a tutti noi, e proprio per questo i più difficili da valorizzare in maniera adeguata, e i Ghost hanno i numeri per riuscirci, sia a livello commerciale che a livello comunicativo e spirituale. (Gilberto Ongaro)