recensioni dischi
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FUJIMA  "Fujima"
   (2016 )

Il quartetto di Oristano Fujima, nel suo primo EP omonimo, sintetizza un’esperienza e un allenamento durati cinque anni, un’evoluzione costante iniziata quando, nel 2011, i quattro fondarono il gruppo e intrapresero un viaggio artistico insieme, fino a suonare un po’ dappertutto in Sardegna. Ciò che contraddistingue la loro sonorità è la forte aderenza all’alternative rock degli anni ’80, ’90 e primi ‘00, dai Jesus and Mary Chain ai Pavement passando per Pixies e Clap Your Hands And Say Yeah, con un’attenzione maniacale per la riuscita melodica e la continuità ritmica.

Il breve EP d’esordio dei Fujima ci dice molto riguardo alle influenze di questo quartetto. I sei brani portano a 25 minuti la durata complessiva del disco, dandoci una fotografia più che soddisfacente del lavoro di questi ragazzi. “Spaceship Girl”, il brano d’apertura, rappresenta un inizio fulminante, un biglietto da visita perfetto per capire quanto i Fujima debbano al rock dei ‘90s e soprattutto quanto siano bravi a reinterpretarlo e cercare di adattarlo alla nostra epoca. Dopo questo splendido trionfo di colori e di chitarre, che intessono una melodia orecchiabile e dolcissima, arriva una ballata altrettanto dolce, meno aggressiva del brano precedente e più sommessa nei toni, “Manly Snowman”: essa esce direttamente dal laboratorio dei fratelli Reid, dalle loro “Darklands” – le chitarre che si perdono in una nuvola di fumo e in una nebbia asfissiante, mentre il basso pian piano fuoriesce e si prende la scena; la voce culla l’ascoltatore fino all’ultimo, improvviso cambio di ritmo che costruisce il finale, quasi interamente strumentale tranne che per un ritorno inaspettato della voce.

Il groviglio di arpeggi e il ritmo coinvolgente di “Fiction Is in You” sono senza dubbio il marchio di fabbrica di questa già matura band. La melodia è sempre fondamentale, a essa il gruppo non può e non vuole rinunciare, ma contrappunto non meno decisivo è la capacità di costruire questa melodia all’interno di un assetto ritmico preciso, maniacale, serrato, che rende ciascun brano adatto a essere ballato in una pista rock di qualsiasi discoteca. La scelta di cantare in lingua inglese amplia le possibilità di espansione di questo gruppo (anche se al tempo stesso fa aumentare la concorrenza, considerando quante sono le band inglesi o americane dedite a questo tipo di genere). I Fujima hanno dalla loro una notevole versatilità. Un brano come “Good Times” ne è l’esempio: si discosta dal loro canone e flirta con i Sonic Youth, i Descendents, e soprattutto con i Pixies, e l’andamento del brano – ipnotico ed estremamente ritmato – convince del tutto. Le chitarre sono le grandi protagoniste dell’EP: anche nella loro dimensione lo-fi non perdono nulla in brillantezza ed estro. Basti ascoltare “White”, figlia dei Pavement e del cantato scomposto del grande Stephen Malkmus. Dove la melodia perde un po’ della sua centralità, il ritmo o l’arrangiamento recuperano l’atmosfera e fanno sì che tutti questi sei brani siano ottimi. Non ci sono cali, qui. E la conclusiva “Outside the Cold Storage” diventa una summa più o meno volontaria di questo (breve) percorso, perché a un’intelaiatura da Jesus and Mary Chain sovrappone la grinta lo-fi dei Pavement e le batterie aggressive dei Pixies.

L’EP è un biglietto da visita molto positivo per questa band, che già da cinque anni è nel circuito musicale italiano e ha saputo evolvere e maturare in poco tempo. Le premesse sono alte e, dopo questo EP, le aspettative non possono che aumentare, nell’attesa che si dia alle stampe anche un primo LP. (Samuele Conficoni)