recensioni dischi
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ENIGMA  "The fall of a rebel angel"
   (2016 )

Tanti e tanti anni fa, agli albori degli anni '90, Michael Cretu era sulla via dell’oblio dopo essere stato produttore per la moglie Sandra e, saltuariamente, anche lavoratore in proprio. Poi, indovinò un clamoroso successo con la sigla Enigma, andando ad incrociare sonorità dance con faccende provenienti dal mondo intero: folklore asiatico, canti gregoriani, i Carmina Burana, mescolando e riproponendo il tutto in modo e maniera del tutto diverso. Andandosi poi a scontrare con critiche plausibili, come quelle che lo accusarono di essere solo un manipolatore da copia e incolla, e altre più anomale. Di chi, ad un certo punto, non è più stato in grado di distinguere l’originale Enigma da altre sigle che riproponevano le stesse idee in modo molto, molto più dozzinale. Ad un quarto di secolo dall’esordio, è difficile capire a chi possa essere indirizzato un nuovo capitolo della storia. Ora che Sandra è una ex moglie ormai persa per l’attualità (ma molto attiva nel promuovere i vecchi successi, specie nell’est europeo) e che la musica strumental-elettronica-newage-chillout-comevoletechiamarla domina nei barettini tra cocktail e altre nefandezze. Bene, qui si rischiava il disastro, dato che si parlava nei preamboli di riprendere il sound dell’esordio, addirittura di una “Sadeness” parte seconda, e rischio di andare ad intaccare la leggenda che fu. Alla fine, il prodotto è più che discreto – parlo per gli estimatori delle vecchie puntate, perché le nuove leve ignoreranno la materia, e qui ci vorrebbe un Vittorio Sgarbi ad urlare “capre!” in sottofondo – una volta superati alcuni scogli. Intanto, che c’è meno sensualità rispetto al precedente, e di certo meno ritmica. Poi, che la voce di Anggun sarà anche interessante, ma che ha bisogno di più ascolti rispetto a quella più commerciale di Sandra. Infine, una mancanza di facili approdi come potevano esserlo le “Return to innocence” dell’epoca. Ma, una volta creata l’atmosfera, tanto male non si sta, anzi, perché questo capitolo di Enigma riesce a recuperare antiche sonorità senza apparire ripetitivo, suonando quindi familiare ma non noioso. Chiaro che si devono avere orecchie predisposte, magari già abituate alle alchimie di Cretu, altrimenti il rischio è quello di perdersi per strada e appisolarsi. E qui, come detto, ci starebbero bene gli epiteti di Sgarbi a risvegliarvi. (Enrico Faggiano)