recensioni dischi
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ROME  "The hyperion machine"
   (2016 )

Rome è il nome del progetto guidato da Jerome Reuter, artista che, a dispetto del nickname scelto, di italiano ha ben poco, essendo nato in Lussemburgo e cresciuto in Germania. A poco meno di un anno dalla pubblicazione di un’antologia che ha raccolto suoi pezzi partoriti e accumulati nell’arco di un decennio, Reuter torna con “The Hyperion Machine”, un disco dal fascino oscuro ma infinito. Curato nei testi, infarcito di poesia, rimandi letterari ed elucubrazioni filosofiche, “The Hyperion Machine” si caratterizza per un livello di ricercatezza musicale che non suona di certo nuovo per chi ha già avuto il piacere di ascoltare Rome. “The Hyperion Machine” è un’opera profonda e intensa, di magia nera e di suoni carichi di pathos ed epicità. Jerome Reuter è riuscito a conciliare in modo incredibilmente elegante il suo straordinario dark folk e le contaminazioni post industrial, riuscendo a porsi ai vertici della scena sad-core. Dai sussurri introduttivi della titletrack alle gemme come “The Alabanda Breviary” e l’industrial di “Skirmishes For Diotima”, passando per le confessioni nere e quasi laneganiane di “The Secret Germany (For Paul Celan)”, Jerome Reuter confeziona un altro prodotto di spessore assoluto. “The Hyperion Machine” diventa una pietra miliare del genere: sarebbe un degno candidato alle classifiche che riassumono il meglio dell’anno solare in corso, se non fosse, suo malgrado, un prodotto tendenzialmente di nicchia. (Piergiuseppe Lippolis)