recensioni dischi
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MARCO FAE'  "Sensazioni"
   (2016 )

E’ risaputo che chi fa pop gioca facile in casa Italia. Però occorre distinguere tra brani smaccatamente ruffiani e quelli in cui si può riscontrare anche un’anima rock e assaporare un tocco maggiore di qualità, distaccandosi da melodie troppo sdolcinate. Per Marco Faè le cose stanno proprio in questi termini, ed il suo “Sensazioni” ve lo potrà confermare a pieno titolo. Chiaramente, qui non si parla di scrivere una pagina memorabile della storia musicale nostrana, ma neanche di avere a che fare con la solita minestra riscaldata. Per il trentunenne artista di Pavia questo “Sensazioni” è come chiudere il cerchio di un’obiettivo, ricercato sin dalla tenera età, tra i 10 e gli 11 anni, piazzandosi terzo e poi primo in un concorso di voci giovani, presentando delle cover e scoprendo cosi la sua passione per il canto che lo porta a diplomarsi, sei anni dopo, al Centro Professione Musica di Franco Mussida (virtuoso chitarrista e membro fondatore dela P.F.M.). Non è che poi Marco si sia adagiato sugli allori, ma aveva intuito che solo intraprendendo un fitto percorso live avrebbe potuto avere la chance di imbattersi in qualcuno che lo potesse notare, e mai sensazione fu cosi felice. Incontra il produttore Joe Migliozzi (già con Ferro, Antonacci, tanto per dare un’idea), che comincerà ad interagire con Marco segnalandolo a Casa Sanremo con i singoli “Dritto al cuore” e “Essenza di te”, brani entrambi presenti nell’album e di notevole efficacia. Inutile nascondere, però, che “Sensazioni” sia un lavoro di facile presa, e che la voce di Marco faccia riferimento all’icona Umberto Tozzi in vari episodi. Ma questo, sia chiaro, non dispiace, e sono convinto che si tratta di un lavoro che non farà storcere il naso a nessuno, perché curato, discreto e mai invasivo anche nei passaggi rock. Tendenzialmente è un’opera che trasmette la voglia positiva di confrontarsi sempre con lo strumento del dialogo e della comprensione. Tuttavia, c’è spazio anche all’amarezza in “Succede che tutto qui non va”, e nella conclusiva “Vita non capita”, dove l’artista chiude con una testimonianza di rammarico verso una donna che non ha compreso la sua esistenza. Una frase messa lì non a caso, ma con l’intento recondito di lanciare, anche a chi ascolta, un invito ad approfondire di più il suo percorso artistico. Non so voi, ma intanto io lo “Marco” stretto… (Max Casali)