FABIO CAUCINO "I movimenti del gatto"
(2016 )
C’è un professore di disegno e storia dell’arte, che insegna in vari licei nell’hinterland torinese, e che ha il vizio della musica e dell’arte multimediale. Parliamo di Fabio Caucino, elegante cantautore e brillante fumettista, nonché commentatore in musica di alcuni spot pubblicitari, e autore di trasmissioni, che nutre una cospicua attrativa per i gatti, a tal punto da riassumerla nel significato del titolo del cd: “I movimenti del gatto”. Al quarto atto della sua carriera cantautorale si imbatte in una bizzarra coincidenza: lo pubblica a 44 anni (dedica inconsapevole per i gatti “in fila per sei col resto di due”?), e ci fornisce una riflessione interessante: in fondo in fondo i vizi e i pregi che contraddistinguono i felini e che li rendono affascinanti, sono stima da parte del genere umano, difficilmente capace di assomigliare a loro. Detto questo, non è che Fabio si vuole arrogare anche il mestiere di etologo, ma è solo una simpatica similitudine con gli amici a quattro zampe per un invito alla semplicità. Ed il cantautore non si contraddice, poiché non ha voluto perseguire un obiettivo complesso ma un sentimento istintivamente rivolto a migliore fruibilità. E questo, già lo si evince dalle prime note dell’introduttiva “Il viaggio”, distesa e raffinata, con godibili commenti di chitarra hawaiana. Tutto il lavoro è permeato di ambientazioni tra il pop, jazz e swing e, nello specifico, la title-track e la scherzosa “La ballata della domenica”, dove ci scappa perfino una strizzatina d’occhio a Capossela. Caucino è chiaramente sostenuto da una grande band, dove spiccano la fisarmonica di Luca Zanetti, il piano di Paolo Ricca ed il contrabbasso di Andrea Manzo, mentre Marco Parodi alle chitarre e Gigi Biolcati alle percussioni sono ottimi comprimari. Non manca il richiamo all’amore, riscontrabile in “E’ quello che è”, dove ognuno può teorizzare e blaterale di tutto sul tema del cuore ma tanto c’è poco da fare: va preso così, perché… è quello che è. C’è poi un omaggio alla sua “Torino”, con una suggestiva ballata intimistica, ed uno all’Italia in “Il paese del sol”, pezzo agro-dolce, dove si decantano le bellezze dello Stivale ma anche la consapevolezza che, nonostante tutto, “non basta”. Si sente che è un concetto a cui tiene molto e lo rimarca in stile Gaber (di “Io non mi sento italiano”). Invece, “Beautiful girl” è brano a presa rapida per il suo clima scanzonato, conferito da un frizzante swing al confine col be-bop. Se vogliamo trovare l’ago nero nel pagliaio, direi che “Nevicata nel parco” è l’unica che non suscita grosse emozioni per la sensazione del “già sentito”. Chiude la lista “Se potessi darti”, sogno irrangiungibile per una donna senza però arrivare mai a devastarsi più di tanto. E la frase finale del disco (''…perché nessuno di noi muoia invano'') vale non solo per il caso specifico, ma per tutta la vita, per renderla ricca e utile. C’è da scommettere che Fabio Caucino, brillante professore pluri-artista, non si annoia di certo, avendo condiviso esperienze con tanti Big non solo musicali (Baustelle, Caputo, Arigliano, Baccini) ma anche letterari (Luis Sepulveda) e giornalistici (Massimo Tadorni), riscuotendo stima e simpatie ovunque. C’era da dubitare? Macchè! E’ “matto” come un gatto… (Max Casali)