recensioni dischi
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LUCA BURGIO E MAISON PIGALLE  "Vizi, peccati e debolezze"
   (2016 )

Bastano solo due strumenti tipicamente folk, come mandolino e fisarmonica, per vivere un ideale viaggio tra Sicilia, Francia e Spagna. Come dire: prendi 3 e paghi 1 (il CD). Bell’affare direi. Allora tocca sùbito approfittarne perché il “tour-operator” che ce lo propone si chiama Luca Burgio che, insieme alla band dei Maison Pigalle, ci fa da Cicerone verso ”Vizi, peccati e debolezze”. Il primo viaggio è come una prova del nove. Lui lo sa e tante sono le tappe del suo cd in cui si respirano arie, sigarette ed esalazioni d’alcool che si trovano solo in certi locali fumosi, nei cafè-chantant o semplicemente nella notte. Alla faccia dei divieti, qui sono tutti leciti gli strappi alla regola, perché Luca ce li propina con la sua verve, con il suo istrionismo d’artista gipsy, continuamente “on the road” tra la sua Palermo e Madrid. E vuoi che non ci siano influenze sonore del loco? Elementare Watson! Aria di flamenco nella spagnoleggiante “Un fegato in più”, che ti scuote senza mezze misure, oppure, per andarsene via, prende un ritmo da cavallo in fuga in “Un bicchiere fra di noi”, marcetta dal vago sapore-Gaber (stile ''Io non mi sento italiano''). In questo lavoro la fanno da padrone i bei fraseggi di mandolino e fisarmonica, disseminati qua e là, suonati rispettivamente da Mauro Schembri e Marco Macaluso. Invece, clima francese in “Satan’s speech”, e qui è come stare seduti al tavolino per godersi uno spettacolo di gonne che ballano il can-can, mentre nel “discorso di Satana” c’è, appunto, la prevalente tentazione al peccato. Tutte le storie presenti, briosamente raccontate da Burgio, sono partorite proprio nelle piccole ore, dove ogni visione o propensione assume un aspetto esteso e dove la nostra disponibilità è più aperta, e ciò giova non poco alla socialità e, in primis, all’ispirazione artistica. Del suo vivere notturno Luca ne ha fatto tesoro in maniera spontanea e, senza forzature, ha buttato giù in liriche la fitta aneddotica che gli deriva dal lavorare davanti e dietro un bancone di Bar. Che ricchezza! Incrociare i più disparati (e disperati) stati d’animo è, per un artista sensibile, manna dal cielo. Troviamo perfino tematiche tanto care a De Andrè in “Il sordo”, dove si parla di processi, giudici e discolpe, o nell’introduttiva “75 cl di brindisi”. Meglio che un litro, perché arrivare oltre i 4 minuti e mezzo avrebbe rovinato il pezzo. I suoi personaggi, invece, sono quelli un po’ maledetti tipo: poeti con bottiglia in mano e dita ingiallite dalla nicotina, o semplicemente sognatori frustrati e senza soldi, incapaci di frenare emozioni disgreganti. Per questo esordio, Luca si fa accompagnare dai Maison Pigalle che comprendono (oltre ai musicisti citati) anche Andrea Scimè al contrabbasso, Armando Fiore alle percussioni ed Ettore Baiamonte alla chitarra, e la squadra risulta ben assemblata. Tra suoni di alcool versato e cicaleggi spunta anche l’ombra di Capossela in “La sindrome di Dorian Gray”; e, soprattutto, per chiudere in bellezza il tour con “Buscavidas” ci fissa un orario ben preciso (“All’una e trentacinque circa”). Gruppo vacanze ascoltatori… avanti! Da questa parte, prego… (Max Casali)