recensioni dischi
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SYSTEM OF A DOWN  "Mezmerize"
   (2005 )

Il bello dei System Of A Down è quel sapersi giostrare sempre in maniera credibile fra tradizione e innovazione. Non c’è modo di non riconoscere il loro marchio di fabbrica nell’incipit fiero e forsennato del primo singolo “B.Y.O.B.” o in quella “Cigaro” già trasmessa dalle radio prima dell’uscita dell’album: heavy metal terremotante, schizofrenico e contaminato con strambe arie folk mediorientali. A menar le danze, la voce potente e sopra le righe di Serj Tankian (ma attenzione anche al chitarrista Daron Malakian, autore anche di diverse parti vocali e di testi). Come dire: ehi, siamo sempre noi, quelli rumorosi e aggressivi, i ragazzi di Los Angeles cresciuti a suon di Slayer e Faith No More, quelli che vi faranno spaccare le ossa sotto il palco… Yeah. Non appena però l’ombra della ripetitività e del déjà-vu minaccia di fare capolino, i quattro fricchettoni armeni tirano fuori l’arrangiamento che non t’aspetti, la ballata mozzafiato, l’omaggio inatteso (vedi i Kraftwerk in “Old School Hollywood”) o il pezzo sperimentale che, di primo acchito, ti lasciano spiazzato. Solo dopo svariati ascolti riesci a inquadrare il disco nella sua interezza, a notare le piccole finezze che arricchiscono ogni canzone e a comprendere come la loro visione sonora ed estetica rimanga miracolosamente coerente. La musica dei System è ispirata, passionale e complessa: per questo motivo, come per tutti i più grandi gruppi metal della storia, è destinata a rimanere fresca e illuminante nel tempo. 'Mezmerize' compreso. (Angelo Mora)