NoN "Sancta sanctorum"
(2016 )
Ci sono dischi che non hanno padri né figli, band che sanno esistere indipendentemente da riferimenti e categorizzazioni, idee che nascono da intuizioni e intuizioni svincolate da qualsiasi contesto. Da anni non avevo la fortuna di imbattermi in un album come “Sancta sanctorum” dei toscani NoN, trio formato da Andrea Zingoni, Massimiliano Leggieri e Alvaro Buzzegoli, attivi da oltre vent’anni in svariati progetti, nessuno dei quali baciato da duratura notorietà. Rincontratisi casualmente nel 2010 dopo lunga separazione, i tre hanno fondato i NonViolentateJennifer, cambiato il nome in quello attuale, pubblicato un ep nel 2013 ed un album (“Sacra massa”) nel 2014 per Garage Records, stabilizzato infine formazione e strumentazione per giungere a questo nuovo lavoro, inciso sempre per Garage Records e Dischi Del Minollo. “Sancta sanctorum”, minacciosa cattedrale post che sposa il dark degli anni ’80 alla nevrosi dei ’90, è album oscuro, inquieto, quasi sciamanico, percorso da una inarrestabile corrente di negatività disturbata, sublimata in dieci tracce di fosca tetraggine prive di spiragli, redenzione, speranza. Elemento portante ed imprescindibile dell’intero lavoro – come nei Jesus & Mary Chain di “Darklands” o nei Cure del trittico “Seventeen seconds”, “Faith” e “Pornography” - è il cupo, martellante, incessante, pulsante rimbombare del basso di Massimiliano Leggieri, un sordo, tellurico, liquido movimento che sospinge brani fieramente agonizzanti verso soffocanti cul-de-sac, veicolando in quelle tenebre testi claustrofobici ed esistenzialisti, altrettante invocazioni ad un nulla che è indifferentemente dentro l’individuo o fuori da esso. Se nella sordida “Bukowski piange” parole truci e involgarite naufragano in una violenta coda noise, in “Tutto il mondo sotto un sasso” si materializza il fantasma dei primissimi Diaframma (quelli con Nicola Vannini), che aleggia anche nella sostenuta aria di “Così felice”: ma certi dischi, heri dicebamus, non hanno padri né figli, e solo vaghe somiglianze li legano a qualcosa. Celate e sepolte come ordigni inesplosi fanno sì capolino tracce – meno cerebrali e più noir - degli Scisma che furono, ed in più di una occasione il rimando che forse meglio si addice a questa musica funerea e nervosa è quello al grande e sfortunato Santo Niente di Umberto Palazzo, sebbene in ogni divagazione la band mantenga inviolata una statuaria fierezza di sé. Proprio questo autarchico distacco, impermeabile a modelli di comodo, genera la cover di “Come l’ombra” del Trio Lescano su un’aria che miscela la stasi monocorde ed introversa dei For Carnation e le ripide discese agli inferi dell’eccelso “Canzoni della notte e della controra” del già citato Umberto Palazzo; e dalle vestigia spurie disseminate ad arte fra tribalismi e rumori assortiti nascono i nove minuti di traboccante, monolitica intensità di “Sostanza”, l’ennesimo tunnel che si delinea in un incedere granitico di ombre lunghe e paludosa ossessività ad un passo dal post-punk dei P.I.L. di “Metal box”. A poco vale lo straziante e straniante rallentamento dell’ingannevole melodia che tratteggia “Reti e pareti”: è di nuovo l’orrorifico battito compulsivo e reiterato della conclusiva “La paura” a stendere un tetro sudario su un lavoro la cui tensione costipata lievita spasmodicamente senza mai deflagrare. Band che rifugge da stilemi e manierismi di sorta, i NoN si segnalano oggi come una nera presenza strisciante nel panorama incerto dell’indie nostrano, three imaginary boys inaccostabili a qualsiasi pietra di paragone, il cui incalzante salmodiare di opprimente incombenza è al contempo incatalogabile, sinistro, evocativo, perversamente suadente. (Manuel Maverna)