THE SHOPLIFTERS "Junkie business"
(2016 )
Invita all’immediato e ripetuto riascolto, benché non certo baciato dall’innovatività stilistica rispetto agli svariati riferimenti presi a modello, il nuovo ep degli Shoplifters, quartetto originario della provincia di Alessandria che pubblica su etichetta La Clinica Dischi il secondo lavoro in studio dopo l’esordio di “The Dark Part Of The City”, datato 2014. Segnato da una marcata predisposizione a lasciar correre la rtmica e da una evidente propensione a porre l’accento sugli intarsi fra dinamiche e melodie, “Junkie Business” si muove agile lungo direttrici sì facilmente individuabili (indie-pop britannico), ma non per questo tali da inficiare la resa complessiva di un lavoro che resta ampiamente godibile nei suoi promettenti venti minuti di gloria. Aperto dal singolo “Life is so cynical”, scintillante cavalcata à la Cure, sei minuti sorretti dal pulsare martellante del basso e da un pregevole intreccio chitarristico, l’album prosegue con una altrettanto sostenuta “Nothing in common”, che inizia ricordando “Sultans of swing” dei Dire Straits, e prosegue con un dilagante chorus arioso ad un passo dal giro di “Bigmouth strikes again” degli Smiths; e se “I know you’re somewhere” si affaccia timidamente oltreoceano su una partenza lanciata à la Cloud Nothings, salvo ripiegare su un reggae truccato che riporta tutto a casa in zona-Clash, la conclusiva “I’m not scared to die” chiude di nuovo down in Albion a cavallo tra echi beatlesiani e suggestioni vagamente psichedeliche che lambiscono i Gallagher in salsa Kinks. Buon biglietto da visita: il carattere non manca, la personalità deve ancora trovare il giusto dispiego, ma le doti indubbiamente ci sono. (Manuel Maverna)