MIKE OLDFIELD "Ommadawn"
(1975 )
Testi, testi. Gli venivano chiesti dei testi, per rendere un po’ più abbordabili composizioni che rischiavano di annoiare, dato che “Tubular bells” non è che potesse essere ripetuta ogni volta. E lui prese la cosa alla lettera, scoprendo una curiosa filastrocca in gaelico che più o meno diceva “Papà dorme, il gatto beve latte, io sono uno sciocco e sto ridendo”. Bene: questa sarebbe diventata la parte finale del lato A (le composizioni all’epoca erano così) di “Ommadawn”, il cui stesso titolo era parola gaelica che voleva dire, appunto, “sciocco” o qualcosa di simile. Un po’ più movimentato del precedente “Hergest ridge”, questo album non arrivò in testa alle classifiche, ma alla lunga è rimasto maggiormente nella memoria e nelle simpatie dei fans. Perché c’erano incursioni, appunto, nel gaelico, un po’ perché affiorava qualche ritmo africano, e perché alla fine il tocco di Michelino nostro restava sempre immutato, anche se fuori dalla finestra (notare la copertina) il mondo stava cambiando, e soprattutto la musica stava lentamente girando l’angolo verso altre cose. “Ommadawn” è, come i due precedenti, una suite di una quarantina di minuti divisa in due parti, ma con aggiunta di un curioso pezzo da pochi minuti, “On horseback”, che dimostra l’altra parte compositiva di Oldfield, ovvero brevi composizioni, spesso prive di senso (citofonare l’assurdo e quasi stonato singolo “Don Alfonso”, uscito qualche mese prima di “Ommadawn” e quasi oscurato nella discografia ufficiale) e fatte per puro divertimento. Alla lunga, la lezione gli sarebbe divenuta utile. (Enrico Faggiano)