KIWIBALBOA "Tre buoni motivi"
(2016 )
Non ci è dato di sapere granché, di questi Kiwibalboa, a cominciare dal nickname (l’incontro tra il frutto ricco di vitamina C ed il celebre Rocky dei film di Sylvester Stallone?), per continuare con le biografie dei componenti (il loro sito ufficiale cita semplicemente il progetto come “nato in collina, nella periferia genovese, dall’incontro di tre amici, tre persone normali”… Bene, così sappiamo che nessuno dei tre viene da Marte…), per finire con eventuali precedenti esperienze musicali, che, se esistono, sono celate meglio dei segreti di Fatima. Nella quasi totale ignoranza (se non altro sappiamo che i tre vengono da Genova, e che il frontman Tommaso Gigliotti, oltre che occuparsi delle chitarre, scrive i testi delle loro canzoni), cominciamo il viaggio di questo “Tre buoni motivi”. E scopriamo che, in fondo, poco sarebbe importato saperne di più, di questi Kiwibalboa, perché si tratta decisamente di ottima musica: e, quindi, cosa sarebbe cambiato imparare se i tre siano amanti degli Hüsker Dü o dei Matchbox Twenty, del mare o della montagna, della Juve o del Milan? L’apertura è affidata a “Onde lunghe”, e trattasi di un’apertura col botto: siamo probabilmente in presenza del migliore episodio dell’intero lotto. La successiva “Salamandre e mercurio”, nonostante sia stata scelta come singolo apripista dell’e.p. (corredata anche da un ottimo video che potete scovare online), risulta invece un piccolo passo indietro: bella l’idea di base del testo (l'infanzia come momento cruciale, lo spazio psicologico in cui un giovane uomo crea il proprio universo e le radici della propria futura interezza), ma purtroppo stavolta la musica non riesce a creare la necessaria magia per supportare a dovere un argomento così pregnante. I viaggi a seguire alzano nuovamente il livello della proposta, cominciando con “La scelta”, in cui l’accoppiata basso-chitarra a-la Nirvana introduce un brano compiuto e ben suonato, continuando con “Ciano” e le sue chitarre distorte che accompagnano una canzone dalla scrittura quasi cantautorale, e per finire con “Canzone da tre soldi”, episodio che, citando l’opera teatrale di Bertolt Brecht, si poggia su una musica che può ricordare “London calling” dei Clash, e che chiude il disco nel modo migliore. Ovvero, lasciando intatta la voglia di ricominciare daccapo e ripartire con l’ascolto. Missione, quindi, compiuta, per i “misteriosi” Kiwibalboa, che attendiamo al più presto ad una prova sul lungo percorso. (Salvatore La Mazzonia)