recensioni dischi
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FREI  "Evolution"
   (2016 )

Spero non si offenderà, ma devo dirvi che Frei non è più un ragazzino. Figlio dei tardi anni ’70, il romagnolo si avvicina ad ampie falcate ai 40 anni, età in cui potrebbe tranquillamente essere padre di buona parte degli attuali prodotti dei talent. Perché vi dico questo? E’ presto detto: con questo nuovo album (chiusura della trilogia cominciata con “Sulle tracce della volpe” del 2011 e proseguita con “2013: Odissea nello spiazzo”), il cantautore di Bagno di Romagna fa un deciso e decisivo passo in avanti nella propria maturazione artistica. Cosa, attenzione, non così scontata, sulla carta: perché se è vero che, alle soglie del “mezzo del cammin di nostra vita”, ciò potrebbe sembrare naturale, è altrettanto vero che, musicalmente parlando, Frei Rossi è praticamente un bambino, avendo inciso il proprio primo vagito discografico solamente 5 anni or sono. Non era quindi automatico che il nuovo album portasse in dote la suddetta saggezza artistica, unita ad un notevole equilibrio e ad una consapevolezza dei propri mezzi espressivi abbastanza inedita. Le due precedenti prove (comunque notevolissime) difettavano infatti di una certa continuità, qua e là la tensione scemava, andando in parte ad inficiare il risultato finale. Stavolta invece, probabilmente anche grazie al supporto dell’ottima Beatrice Antolini (a cui è stata affidata la produzione artistica del disco, e che inoltre l’ha arrangiato, mixato e masterizzato), gli 8 episodi della raccolta mantengono sempre alto il pennone della nave, con le punte massime rappresentate dal singolo apripista “Le macchine” (che vede il featuring di Dimartino) e, soprattutto, dall’accoppiata “I pellicani e il vento” e “Una bugia”, sette minuti continuati di poesia che rendono la parte centrale del disco un’autentica chicca. Promozione a pieni voti, quindi, per un cantautore ormai punto saldo della nuova musica italiana. (Andrea Rossi)