ROBBIE WILLIAMS "Intensive care"
(2005 )
Robbie ha smesso di scherzare. Forse si è guardato allo specchio, ha notato qualche ruga, un paio di ciuffi bianchi, ha bofonchiato e deciso di regalare qualche confidenza che profuma di maturità. Per rendere la confezione ancora più gustosa si è rifugiato sulle colline di Hollywood, ha affittato un appartamento e per due anni lo ha abitato spalleggiato dall’amico Stephen Duffy (primo cantante dei Duran, maestro di un certo soul pop zuccherino, cantautore folk e oggi spalla di Williams). Ma chi si aspettava una decisa rinfrescata del suo repertorio in chiave synth-pop, come aveva fatto presagire il singolo dello scorso anno, rimarrà deluso. Se infatti il duetto d’apertura, “Ghosts” e “Tripping”, con la loro struttura compatta, metronomica, ricca di sfumature ora epiche e ora quasi reggae, qualche sobbalzo lo crea, il prosieguo si sofferma troppo sugli schemi della ballata pianistica. Qualche risultato discreto (“Spread Your Wings”), utile però a capire come la giusta dimensione per Robbie faccia rima con lo sberleffo. Un lavoro pretenzioso, sulla scia di un un album medio targato Elton John, orfano però del talento dell’occhialuto sessantenne. Altrove, invece, Robbie prova di nuovo a farsi una risata copiando gli Stones e i riff di Keith. Peccato che la maggior parte degli invitati sia già andata a dormire… (Davide Sechi)