recensioni dischi
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SLOWMOTHER  "Slowmother"
   (2015 )

Loro si definiscono “chemical blues”, sono gli Slowmother e ripartono, dopo una parentesi nel 2013, dal blues rock delle origini mescolato ad un’elettronica molto anni ottanta e novanta. Il loro EP omonimo si compone di quattro tracce, tutte giocate su questo accostamento, e sull’incedere incalzante di pezzi che diventano quasi ipnotici e su cui si poggia la voce di Alessio, dal timbro molto particolare, che s’inserisce perfettamente in questo tipo di contesto. “Liar” apre ed è sostenuta da sorprendenti parentesi di organo che funzionano molto bene. “Lipstick” è costruita su taglienti linee di basso e su una chitarra parecchio aggressiva, mentre nella terza traccia (“Outlaw”) la band allarga i suoi orizzonti e li porta a sfiorare i confini del post punk: la voce sembra intrattenere un dialogo con gli strumenti ed impreziosisce brano ed EP in termini di originalità. In chiusura c’è spazio per un pezzo decisamente più classico: uno sguardo al passato e “My Grave” viaggia sui binari del blues rock. La forza del lavoro sta nell’aver conciliato blues rock ed elettronica in maniera sapiente e quasi sempre molto efficace, nonostante in alcuni passaggi la band dia l’impressione d’essere ancora un po’ acerba. Gli Slowmother dimostrano comunque una buonissima personalità ed offrono un lavoro interessante, sebbene sia necessario ascoltare altro materiale prima di potersi pronunciare sul futuro. (Piergiuseppe Lippolis)