BLASTEMA "Tutto finirà bene"
(2015 )
Lasciate che, per una volta, il vostro "bravo recensore" se la tiri un po'. Lasciate che, senza falsa modestia, chi vi scrive si arroghi qualche diritto (magari, in effetti, senza averlo davvero meritato). All'inizio dell'anno 2007 (sono ormai passati 9 anni interi) il vostro sito, tra decine e decine di proposte che già riceveva quotidianamente per eventuale recensione, vi segnalò un gruppo semisconosciuto, tali Blastema. La stranezza è che la recensione in oggetto era di un semplice singolo, non di un album ne' di un e.p., e questo, se frequentate spesso le nostre righe, sapete bene quant'è strano su questo portale: doveva trattarsi di una proposta davvero superiore alla media, per ottenere visibilità su Music Map nonostante la singola canzone inviata. Parliamo di "Thc", pezzo che ci impressionò non poco, spingendoci appunto a segnalarvelo in maniera netta e convinta nonostante la pochezza (esclusivamente numerica). Se quindi, dopo quasi un decennio, siamo di nuovo qui a parlarvi di questi ragazzi forlivesi, ciò significa non solo che questi ci sanno davvero fare, ma che, in fondo (ecco che ce "la tiriamo"), un po' di "occhio", a noi poveri recensori, dovete pur riconoscerlo. Va però detto che se oggi, dall'epoca del suddetto "Thc", sono ormai trascorsi 9 anni, è ancor più sintomatico come a quell'esordio la band era arrivata dopo addirittura un altro decennio, appena scarso, di vita. Il che, se la matematica non è un'opinione, porta ora i Blastema abbastanza vicini a poter festeggiare i 20 anni di vita. Nei quali non hanno solo acquisito grande maturità e mestiere, ma pure una schiera di fans convinti ed assatanati, che ne supportano le attività con notevole e meritata passione. Nel frattempo, è logico, la lineup della band ha subito comprensibili mutamenti (della formazione iniziale perdurano Matteo Casadei alla voce ed Alberto Nanni alla chitarra), ma ciò che è rimasto immutato (e, a questo punto, sperabilmente immutabile) è la grande passione, la grandissima cura che l'ensemble romagnolo mette in ogni propria produzione. Siamo giunti al terzo album, dopo "Pensieri illuminati" del 2010 e "Lo stato in cui sono stato" del 2012, e l'impressione è che siamo davvero di fronte ad una grande band. In questi 12 nuovi episodi non ci sono cedimenti, non c'è un singolo passaggio a vuoto, non c'è una sola nota o verso messo lì a riempimento. Un piatto molto ben preparato, quindi, i cui ingredienti sono stati centellinati e dosati con cura e maestria, per un prodotto finale che, senza esagerazione alcuna, rasenta la perfezione. Non ha parenti prossimi, il loro rock (l'unica apparente e lieve analogia la si potrebbe cogliere, soprattutto in "Asteroide", con alcune cose dei Negramaro), questa è semplicemente la musica dei Blastema, punto e basta. Trattandosi di una band non ancora celebre al 100%, converrete con noi che non si tratta di un complimento da poco. Dovendo forzatamente scegliere qualche episodio da segnalare (ma trattasi veramente di impresa improba, tale a tanta è la coesione di quest'opera), possiamo mettere sul piedistallo l'opening de "La parte pura", brano che in 3 minuti e mezzo scarsi getta già senz'ombra di dubbio le fondamenta dell'intero lavoro, ma soprattutto l'inusuale "Pastorale", brano che, mutando un po' le ambientazioni del disco, e mostrando un inedito lato dolce e meditativo, svela una facciata dei Blastema elegante e d'atmosfera, con un testo che (come, del resto, succede in quasi tutti i pezzi del puzzle di questo "Tutto finirà bene") si dimostra al tempo stesso evocativo e sfrontato, diretto. Un equilibrio difficile, difficilissimo da raggiungere, ma che i Blastema portano in dote con grande semplicità, come si trattasse della cosa più facile al mondo. Come se chiunque, nei nostri patri lidi, ne fosse capace. Ma non è così. La verità è che, in questo momento, in Italia i Blastema non hanno eguali. Prima ve ne accorgerete, meglio sarà: per loro (che se lo meritano), ma soprattutto per voi e per le vostre orecchie. (Andrea Rossi)