CRAFTYCELL "The swimmer"
(2015 )
Dietro il moniker di Craftycell si cela il progetto solista di Marco Bettoni, giovane artista con base operativa a Firenze attivo dal 2012, anno in cui debuttò con un interessante ep (“With the ghost”), realizzato con la collaborazione di Luca Fucci ai sintetizzatori e Jac Salani in cabina di regia. All’insegna di una oscura elettronica dalle tetre sfumature, sospinta da un tastierismo dilagante e prossima a lambire generi limitrofi, Marco si districa con padronanza di linguaggio fra i Depeche Mode più cupi ed i Soft Cell più enigmatici, con echi sparsi di industrial à la Drown (“Disarm”) e qualche sporadica incursione in territori che richiamano atmosfere goticheggianti (“Argonaut”, più Mission che Fields of The Nephilim). L’aspetto forse più interessante di questa musica claustrofobica risiede nella sua capacità di lasciar deflagrare i brani quando meno ci si aspetta che lo facciano, in un percorso non lineare che porta altrove rispetto a quanto suggerito dalle apparenze: succede ad esempio in “Caged soul”, un’aria sospesa che inizia come i Japan più fruibili per mutarsi in una versione edulcorata di Marilyn Manson grazie ad una brusca impennata centrale, così come in “Synchronized”, dove la saturazione del synth al termine di un crescendo ossessivo nobilita un brano di straniante intensità. Gran parte dell’appeal dell’album è affidato alla gestione delle dinamiche, fattore che ne catalizza e ne connota la stesura, penalizzando forse l’aspetto legato alla qualità intrinseca dei brani, pochi dei quali risultano davvero irresistibili sotto l’aspetto strettamente melodico: il gioco riesce meglio in “Inner rush”, nel groove indovinato di “Weightless”, anche nell’andamento suadente di “Next door” con un vortice corale a creare un effetto sinistramente ipnotico, ma a prevalere è un magma fosco di pur innegabile compattezza, quasi il lavoro richiedesse di essere assimilato in un blocco unico e non già nei suoi singoli episodi. Pur accusando una certa debolezza nella scrittura in sé e per sé, “The swimmer” è opera complessivamente interessante e ben prodotta, specie se si focalizza l’attenzione sulle atmosfere inquiete che sa ricamare non senza una certa maestria. (Manuel Maverna)