recensioni dischi
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SAMARIS  "Silkidrangar sessions"
   (2015 )

La fredda isola islandese non č solamente la patria di Sigur Rós e Sólstafir: come dimostra la storia recente, anche a Reykjavěk e dintorni la scena musicale si sta arricchendo notevolmente. Dal 2011 ci sono anche i Samaris, gruppo che propone una musica elettronica ricca di richiami alle atmosfere tipiche di alcune band connazionali. I Samaris arrivano a “Silkidrangar Sessions” con all’attivo due EP e due album in studio, in cui l’elettronica era legata a un songwriting fitto di citazioni dai poemi epici islandesi: una proposta originale, che ha regalato un ampio consenso. Sette tracce compongono l’ultima produzione dei Samaris: sin da “Intro”, pezzo d’apertura, č facile trovare un comune denominatore nella fusione fra la voce di Jófríđur Ákadóttir e la componente musicale elettronica affidata a Ţórđur Kári Steinţórsson. Nel suo fluire quasi sempre downtempo e con le sue forti connotazioni ambient, il disco riesce a toccare l’apice quando interviene il clarinetto: si sarebbe retto sulle sue gambe anche senza, ma la presenza di uno strumento a fiato, che riesce a integrarsi alla perfezione in un contesto cosě atipico, č decisiva per dare quel tocco d’originalitŕ che serve, č una vera e propria marcia in piů. Basti pensare a “Bňtt Hann Rigni” e “Hrafninn”, gemme di un disco che spazia su piů fronti e che, seppur raramente ballabile, regala circa quaranta minuti di straordinaria braindance. Le atmosfere create dai Samaris sono avvolgenti e morbide, malinconiche in alcuni momenti e piů vivaci in altri. Ma anche visionarie e lisergiche, frutto di un talento cristallino, che proietterŕ i Samaris anche sul mercato dell’elettronica europea in brevissimo tempo. “Silkdrangar Sessions” č una delle piů belle novitŕ dell’anno, non solo per quanto attenga, nello specifico, al mondo dell’elettronica. La One Little Indian ha fra le mani il presente e il futuro del genere. Chapeau. (Piergiuseppe Lippolis)