recensioni dischi
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MANAGEMENT DEL DOLORE POST-OPERATORIO  "I love you"
   (2015 )

Lo studente al settimo anno Romagnoli Luca, cantante del gruppo denominato Management Del Dolore Post-Operatorio, è sì intelligente, ma – vivaddìo! – non si applica. Disturba le lezioni, ricorre sovente ad un gratuito turpiloquio da caserma, importuna le fanciulle, manifesta un atteggiamento ribelle e strafottente nei confronti sia del corpo docenti sia del sistema da essi rappresentato; refrattario all’autorità, questo aspirante cantautore – o sedicente tale – mostra un profitto altalenante, evidenziando i medesimi difetti degli scapestrati compari di ventura ai quali si accompagna fino dal 2008, anno del suo ingresso nella scuola. Se la prima verifica (scritta e orale), che portava addirittura il titolo di “Mestruazioni”, si era rivelata promettente, e quella successiva, chiamata “Auff!”, pareva poter proiettare il Romagnoli ed i suoi accoliti nell’olimpo dei migliori studenti del corso, tocca ahimè constatare come già dal terzo compito in classe (“McMao”, risalente al vicino 2014) il rendimento complessivo risulti in flessione, l’estro degli esordi sostituito da un manierismo triviale e sboccato che mira al bersaglio grosso senza troppo andare per il sottile, dispensando una filosofia spicciola coi toni del proclama e dell’arringa di piazz(ett)a. Ma il Romagnoli è alunno intelligente, e nel nuovo prodotto “I love you” ha valide e felici intuizioni che talora concretizza (“Se ti sfigurassero con l’acido”, “Le storie che finiscono male”), scivolando ingenuamente proprio sugli elementi in apparenza più semplici; pur mostrando buone capacità nella stesura dei vivaci ritornelli, egli e la sua band incorrono in una ripetitività strutturale a lungo andare piuttosto prevedibile e tediosa, uniformando le composizioni in uno schema reiterato all’infinito (strofa con staccato di chitarra albiniano che fa molto post-qualcosa, chorus sguaiato, dritto e diretto con slogan annesso: siamo ben lontani dagli insegnamenti loro impartiti, diamine!). A poco valgono il passaggio ad una rinomata etichetta (La Tempesta) e la produzione illustre di Giulio Favero: più passa il tempo, più – ahimé – il linguaggio della band pare regredire all’inseguimento di un antagonismo di facciata smaccatamente rivolto ad un uditorio che eleva il politicamente-scorretto a criterio ontologico ineludibile. Il Romagnoli ha così furbescamente tentato, in questo recente compito in classe, non già di copiare, bensì di mascherare i punti deboli cercando di legittimarli, enfatizzandone il disimpegno: vecchio trucco, astuto Luca, quello che giustifica un inciampo dichiarandolo intenzionale (l’attore che sbaglia battuta, il cantante che stona), sotterfugio sublimato nel brano conclusivo, dall’eloquente titolo palazzeschiano “Lasciateci divertire”, una excusatio non petita che sa ben poco di farafarafarafa e parecchio di ma va là! Ciononostante, in virtù dei buoni risultati ottenuti in passato, ma pure di alcuni episodi affatto disprezzabili contenuti in “I love you” (“Scimmie”, “Il mio giovane e libero amore”), considerato il talento complessivo, ed augurandosi che smettano quanto prima di sprecarlo, la commissione valutante ritiene di ammettere il Management Del Dolore Post-Operatorio – bricconcelli impenitenti! - alla classe successiva, seppure con cospicuo debito formativo. (In fede, Manuel Maverna)