recensioni dischi
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BONAVERI  "La staffetta"
   (2015 )

Germano Bonaveri, a tre anni di distanza da “L’Ora dell’Ombra Rossa”, è tornato con “La Staffetta”, un nuovo concept impregnato di Calvino, di De Andrè e di Guccini. In tutti gli undici pezzi che lo compongono, da autentico cantautore qual è, Bonaveri sembra aver riposto un’attenzione maniacale per la scelta di ogni singola parola. È un disco in cui ciascun brano è parte di un tutto che corrisponde a una grande e profonda riflessione sul nostro tempo e sul nostro ruolo nel mondo. È una specie di esortazione a prender coscienza del fallimento della nostra società, incapace di proporre altra prospettiva dalla mediocrità: un allarme, un invito ad aprire gli occhi per reagire e per dimostrare che ciò che crediamo essere utopia non lo è o, almeno, non dovrebbe esserlo nei fatti. Di sicuro, quella di Bonaveri è una visione amara, al punto che ha confessato d’aver pensato di non incidere questo disco. Effettivamente, se c’è qualcosa che non va ne “La Staffetta” è certamente la visibilità che non potrà avere. Ma il messaggio, fra le righe, è positivo: Bonaveri crede nel riscatto che muove, inevitabilmente, dalla consapevolezza di qualcosa: ad esempio, la democrazia che si trasforma in cleptocrazia. Crede in un futuro migliore, a patto che l’uomo moderno riesca a constatare d’esser arrivato, se non a toccarlo, a “vedere” il fondo. E allora, che rivoluzione sia. Germano Bonaveri canta temi d’attualità (“Sobibor – Letter From Gaza”), riflette sulla storia (“25 Aprile”), celebra gli ultimi alla maniera di De André, ma parla anche esplicitamente di speranza (“L’Indomani”), un po’ come Guccini con “Eskimo”. Gli arrangiamenti che accompagnano la voce del cantautore sono spesso capaci di influenzare emotivamente l’ascoltatore. Quando un disco cantautorale è ben realizzato, è solitamente difficile pensare a una qualunque forma di barriera fra musica e poesia: è il caso di “La Staffetta”. Non un semplice disco, ma una fusione esemplare capace di produrre risultati straordinari. (Piegiuseppe Lippolis)