IFASTI "Palestre"
(2015 )
Se nè i Massimo Volume di Mimì Clementi nè gli Offlaga Disco Pax di Max Collini esistessero, nell’accostarsi a “Palestre”, nuovo lavoro sulla lunga distanza dei torinesi IFasti, collettivo militante nato dalle ceneri degli storici Seminole ed attivo dal 2008 nell’italico sottobosco antagonista, si potrebbe gridare al miracolo o quantomeno osannarne la geniale soluzione espressiva adottata: ma così non è, e per esaltare come merita questo encomiabile sforzo, sospeso fra arte ed invettiva, tocca aggrapparsi ad una disamina degli elementi che lo distinguono, almeno in parte, dagli illustri modelli stilistici ai quali l’accostamento è - giocoforza – inevitabile. In primis i testi, più orientati ad una ben coniugata denuncia sociale, tanto nitida quanto elegantemente proposta senza volgarità alcuna nè implicita/esplicita esortazione alla violenza, piuttosto che al nostalgico ricordo in soggettiva di luoghi ed eventi (fa eccezione la gustosa retrospettiva storicizzata di “Mercy”, incentrata sulla rievocazione de “I guerrieri della notte”); in secondo luogo proprio la musica, a tratti elaborata ed accattivante (la cadenza ossessiva di “Corpo”, le chitarre veementi di “Seminole”), solo sporadicamente improntata ad uno scheletrico minimalismo di accompagnamento; infine l’interpretazione calibrata di Rocco Brancucci, che riesce a proporre scomode prospettive con un approccio solido, sempre credibile e mai invasivo. A conti fatti, gli episodi più efficaci sono forse quelli che impiegano un linguaggio personale, affrancandosi dalla potenzialmente rischiosa – talvolta solo suggerita - derivatività d’insieme: la brusca apertura della già citata “Seminole”, l’eco ferrettiana in “Hanno umiliato l’amore” (con un tentativo di ritornello), la trasparente melodia de “Il primo Natale in famiglia”, intuizioni mirabili in un contesto che conserva comunque una assoluta brillantezza compositiva ed un non comune sfoggio di intelligenza. Disco, intento e forma da prendere o lasciare in blocco, “Palestre” resta un’eccellente opera(zione) la cui efficacia risulta appena mitigata da quell’ingombrante problemino di assonanze: vero è che non si può prescindere dalla specificità dei contenuti, ma è altrettanto innegabile che la scelta di veicolare un messaggio – qualsiasi esso sia – ricorrendo a stilemi così ben noti rischia di risultare penalizzante per un progetto davvero meritevole di esposizione. (Manuel Maverna)