recensioni dischi
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BIANCO  "Guardare per aria"
   (2015 )

Il torinese Alberto Bianco è tra i più promettenti cantautori della nuova leva italiana, insieme a Brunori sas, Vasco Brondi e Dente. Il suo primo disco, “Nostalgina” è stato anche la prima pubblicazione dell’etichetta indipendente torinese INRI. Da quel giorno Bianco e Inri sono cresciuti insieme. Il successivo album “Storia del futuro”, uscito nel 2012, viene realizzato applicando la formula vincente del collettivo, chiamando a raccolta ben sedici musicisti, tra cui Gionata Mirai (Il Teatro degli Orrori), Mr. T­Bone (AfricaUnite, Bluebeaters) e Peter Truffa (Bluebeaters) per dar vita a 10 canzoni d'amore che parlano di onestà, nel tipico approccio schietto e diretto che caratterizza il suo universo musicale. Oggi, da cantautore, produttore e bassista, Bianco ci regala il suo terzo album “Guardare per aria”. Un disco pieno di stelle, di mare e di quello che ci sta in mezzo: nove tracce come nove approdi a traghettarci nel porto sicuro della serenità sonora. ''Guardare per aria'' non è solo l’album della maturità di Bianco, il terzo per INRI, ma è il racconto picaresco che vogliamo ascoltare prima di coricarci, dove un uomo che porta nelle tasche sogni e incertezze fischietta tendendo un piede avanti l’altro sulla corda della vita, sottile quanto un filo d’erba. Il posto che questi piccoli capolavori di raffinatezza e semplicità occupano è il tempo infinito della narrazione, di quella stessa storia iniziata con il primo sguardo rivolto alle stelle. Bianco ci lascia abitare nell’interregno tra il sonno e la veglia, quando lasciamo incrociare in un battito di ciglia il futuro che fa paura, la titubante consapevolezza del presente e un passato fatto di immagini di cui far tesoro. Ed è così che, spiazzandoci con la disarmante semplicità delle sue parole, s’insinua sotto pelle con ritornelli che ci sembrano cantati dai nostri cari. In questa personalissima “recherche” il cantautore torinese ha assoldato le anime musicali più affini al suo percorso, iniziando con l’amica Levante nel duetto “Corri Corri”, battibecco musicale tanto credibile quanto spontaneo, e chiamando a raccolta l’inconfondibile sound romano nella freschissima “Le Dimensioni Contano”, dove tra armonie e promesse di Penglaisi cela il contributo di Niccolò Fabi e tutta la sua crew. Ad aiutarlo a sfatare il mito del rockerimpunito in “Almeno a Natale” ci pensa Matteo De Simone dei Nadar Solo, mentre nelle “Stelle di Giorno” sono i delicati arpeggi di Cecilia a far da contro-canto in una dolcissima ninna nanna. La produzione artistica è stata affidata a Riccardo Parravicini, talento che ha saputo marcare e valorizzare nel pieno rispetto una cifra semplice e raffinata già emersa nei primi lavori del cantautore torinese. Tra dichiarazioni sussurrate, ammiccamenti ad un Vasco degli albori (“Quello che non hai”) e citazioni dirette ai Tre Allegri Ragazzi Morti (“Volume”), questo ragazzo col “cuore che pesa più della testa” ci spinge per quaranta minuti in un mondo possibile, fino a mostrarci che altro non è che quello in cui viviamo e che basta scoprirlo guardando per aria.