SECONDO MUSLIF "Five and a half self-portraits"
(2015 )
Benchè si misuri sulla corta distanza di un ep di soli cinque brani (e mezzo, come essi stessi precisano), non è affatto disprezzabile il debutto - affidato alle amorevoli cure ed alla illustre produzione di Tommaso Mantelli - dei trevigiani Secondo Muslif, trio piuttosto anomalo sia per intenti che per scrittura. Allettante antipasto di future pietanze, “Five and a half self-portraits” si basa su una sostanziale idea di fondo: non prendersi troppo sul serio, pur nel rispetto di una materia non semplice da maneggiare, oggetto di lucida e spavalda manipolazione genetica. Con spirito oscillante tra strisciante goliardia e sarcastica intelligenza asservita alla causa, la band elabora un personale linguaggio espressivo che cita ed omaggia alcuni tra gli indiscussi maestri del nonsense – scendendo dai Butthole Surfers fino ai nostrani Splatterpink - in un fortunato connubio di disincantata ironia e di divagazioni musicali strutturate secondo traiettorie piuttosto complesse. In un percorso di veemente intensità che mai sacrifica una provvidenziale naturalezza, si parte dalle derive kraut (si dice così, no?) di “Part of me”, trafitta da scordature metalliche di matrice albiniana, per proseguire con l’eco Afterhours in controtempo di “Delhi steak house” a sfumare il confine tra serio e faceto, lambendo la dissacrazione nelle vocine parodistiche di “Don’t shoot rabbits”, e sfiorando i Gang of Four nel bisbiglio sintetico di “Fifth quarter”, per chiudere in letizia sulla deliziosa melodia struccata di “Wishing faith”, inattesa oasi di armoniosa nudità. Lavoro che merita sincera ammirazione, quello dei Secondo Muslif è un debutto al quale volentieri si possono concedere tutte le attenuanti generiche, specie di fronte a quel pizzico di velata presunzione (era proprio necessaria una ghost-track in un ep di esordio da 17 minuti?) comodamente derubricabile a vezzo di percorso, figlio di una urgenza espressiva capace forse di deflagrare in qualcosa di realmente interessante. (Manuel Maverna)