recensioni dischi
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FRANCO BATTIATO  "Echoes of sufi dances"
   (1985 )

Così andavano le cose a quei tempi. Le case discografiche, in Italia, erano preoccupate perché a leggere le classifiche c’erano duecento prodotti in inglese e, tempo permettendo, qualche italiano. Ergo, invece di pensare “riprendiamoci il mercato di casa nostra”, si ragionò sull’occhio-per-occhio, ovvero “se loro vengono da noi, noi andiamo da loro”. Povera patria, avrebbe cantato il Nostro qualche anno dopo. Battiato veniva da un quinquennio in cui, a casa nostra, aveva steso un po’ di gente. Venne quindi commissionato un lavoro che avrebbe dovuto sfondare nei mercati anglosassoni, specie negli USA. Le cose, però, andarono un po’ diversamente: intanto, la raccolta era abbastanza scarna a prescindere (nessun brano da “La voce del padrone” né da “L’arca di Noè”, per intenderci), poi la cosa fu talmente raffazzonata che anche oggi, a risentirlo, ci si chiede se prima Battiato fosse stato narcotizzato. Il rapporto testo/musica è al limite del comico, con i testi originali tradotti letteralmente nemmeno si trattasse di una parodia di Elio e Le Storie Tese (“I want to see as a dancer”, “The animal”, e buona grazia che alcuni brani fossero con il titolo già originariamente in inglese, vedi “Up patriots to arms” o “Temporary road”), ed era chiaro che Francuzzo credesse al prodotto come, diciamo, un adulto odierno crede alla sua prossima pensione. Oltretutto, per Battiato era un momento particolare, con la carriera che stava virando verso altri lidi: a breve ci sarebbe stato lo sbarco nell’opera con “Genesi”, ma soprattutto nei prodotti più profondi che avrebbero preso il via con la successiva “Fisiognomica”. Per cui anche i progetti di sbarco negli States vennero declinati, rendendo quindi questo disco più preda per i collezionisti che non per gli ignari americani. Ne venne fatta anche una versione spagnola (“Ecos de danzas sufi”), anche qui con testi adattati – la “vecchia bretone” diventa una vecchia signora di Madrid, la “new wave italiana” ovviamente diventa quella spagnola – ma con migliore amore tra cantato e musicato, e con scelta di canzoni dove qualche successo vero e proprio venne preso in considerazione. Aprendo quindi a Battiato, relativamente, anche il mercato ispanico: qui, qualche soddisfazione se la sarebbe anche presa. E gli americani? Lo diceva anche Vasco, lasciamoli sparare agli indiani. (Enrico Faggiano)