recensioni dischi
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MINIMAL WHALE  "Minimal Whale"
   (2015 )

Situato in una tutt’altro che grigia o incolore area di confine, il colto ensemble Minimal Whale, con base a Genova, vede coinvolto un trio di personalità di spicco dalle plurime ascendenze, esponenti di eterogenea estrazione all’opera in svariate realtà nostrane: Nicola Magri – batteria e voce, già negli eccellenti Calomito – incontra la coppia Matteo Orlandi/David Avanzini – due terzi degli affascinanti Unsolved Problems Of Noise – varando un progetto tanto intrigante dal punto di vista artistico quanto - giocoforza - destinato con tutta probabilità a restare circoscritto ad un ristretto ambito di nicchia. Niente affatto convenzionale, quella del trio è una proposta ardua da definire, poco adatta ad essere ricondotta a riferimenti di immediata individuazione; architetture mai eccessivamente elaborate, ma cesellate nel dettaglio come si conviene ad una genìa di artisti sommariamente incasellati alla voce “post-rock” (sebbene in realtà espressione di differenti istanze portate in dote), scorrono con sorprendente fluidità tra minute asperità e discontinuità di non impervia assimilazione. Fra echi jazz à la King Crimson ed accenni di funk angolare (“Five on four”, vicina ai migliori Level 42), non mancano sussulti elettrici addirittura prossimi ai Queens of The Stone Age (la spigolosa “Cage”), rigurgiti post-grunge (“Lay down”), sporadiche oasi di riflessività sospesa (“Virginia’s whale”), anfratti no-wave votati a tessiture garbatamente avanguardistiche (“Pictures”). In questo improbabile ma ben strutturato contenitore il trio riesce ad accostare con sfolgorante dispiego di personalità le trame infide dei June of ’44 ed il math-rock dei Don Caballero, gli accenni post-funk dei Gang of Four e l’atonalità dei Bachi da Pietra, i passaggi obliqui di Stefano Pilia e la frenesia dei Primus, così come le digressioni colorite degli Ulan Bator e le bizzarrie dei Three Second Kiss: lo fa con naturalezza, senza creare brusche fratture, mai consegnandosi al mainstream, mai eccedendo nello sperimentalismo più arido ed autoreferenziale. Esperimento reso discretamente complesso dalla sua stessa struttura aperta, quello dei Minimal Whale è un interessante tentativo, libero da condizionamenti di sorta e schiavitù di genere, di conferire una parvenza di elegante fruibilità ad armonie elaborate, mai scontate nè prevedibili. (Manuel Maverna)