recensioni dischi
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THOMAS  "Fin"
   (2014 )

Amanti del funk e del groove, questo è l’album che fa per voi! Beh, in realtà si adatta benissimo anche a chi preferisce atmosfere più cupe e andamenti più lenti. Loro sono i Thomas e l’album si intitola “Fin”. Il lavoro presenta elementi più introspettivi rispetto all'esordio “Mr Thomas’s Travelogue Fantastic”. Qualcuno diceva che il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un’artista, ma per la band piemontese non sembra sia così. Si intrecciano sonorità molto diverse tra loro, alcune davvero british, altre più sudamericane, il risultato è un disco davvero ben riuscito, un piacere per il nostro udito spesso turbato da roba troppo popolare. Qui il pop è sì presente, ma non eccessivo, rappresenta la cornice adatta ad un’accurata ricerca sonora, si intravedono sprazzi di jazz, disco music e rock anni ‘80. Si parte alla grande con “Universe Is Me”: una delle canzoni più elettroniche dell’intero lavoro, che fornisce il giusto “sustain” per il proseguo del disco. Si cambia totalmente atmosfera con “Lowland Boletus”, dove il funk è ben chiaro, sembra quasi di riascoltare i Red Hot Chili Peppers degli albori, dove il groove era elemento imprescindibile del loro fare musica. La terza traccia è “Masturbation”, decisamente irreverente sia nel testo che nella musica. Il funk si alterna con sprazzi di quel rock anni '80 che avevamo accennato all’inizio, stile Genesis. In ''Theter'' i volumi e la dinamicità si abbassano notevolmente, la riflessività la fa da padrone, ci sarebbe piaciuto magari un testo in italiano, ma il sound è davvero coinvolgente. La track n°5, ''Miracolo Italiano'', si apre con percussioni che ricordano ambientazioni africane. Il brano strumentale è davvero ricco di variazioni, cambi di dinamica e di sound, tutto raccolto da un basso ostinato. Si continua con “A New Ending”, il sound ritorna delicato, la voce predominante così come le chitarre, che troneggiano per tutto il brano, e anche qui sono molto forti gli accenni al rock '80. Questa traccia (come anche ''Theter'') sembra quasi slegata dal resto dell’album: un’entità a parte. Se questo sia un elemento positivo o meno sta ad ogni singolo ascoltatore determinarlo. Di certo qui gli accenni di pop sono ben distinguibili ed evidenti. ''U Turn Me Up'' è una breve interludio strumentale, il tipico brano spinto, ideale per iniziare un concerto. La disco music sembra proprio ritornata con ''Nine O’Clock'': la ritmica della chitarra è inconfondibile, i cori e la voce un po’ rauca ci riportano proprio negli anni in cui Madonna e gli U2 costruivano la loro lunghissima carriera. Con ''April Fool'' tutto sembra essere quasi malinconico: la chitarra acustica, la batteria “spazzolata” e la tonalità sono tipiche del clima autunnale, quando le foglie vengono giù e l’estate e le atmosfere più calde sono ormai un ricordo. La voce è l’elemento centrale, e con quel suo andamento soft e leggermente graffiante sembra ricordare quella di Phil Collins. Boom! Esplosione! ''The Fastest Singer In The World'' è un colpo. Andamento ritmico tipico del punk nella strofa, ritornello più andante, effettistica prorompente. Uno dei brani dove i Thomas si sono inoltrati maggiormente nella sperimentazione. Il bridge nella parte finale è pura psichedelia. ''When Mr. Thomas Met Santhe'' è la traccia conclusiva, e nell’intro sembra quasi il preludio all’Apocalisse. Effettistica di ogni tipo, atmosfera cupissima, tamburo degno della marcia degli orchi di Mordor. Inizia il giro di basso (che ricorda l’andamento di ''Money'' dei Pink Floyd), la voce, iperdistorta, sembra dover annunciare qualche messaggio derivante direttamente dal mondo degli inferi, ma nulla di ciò accade, l’album si conclude e la terra è ancora salva. (Corrado Salemi)