recensioni dischi
   torna all'elenco


POLAR FOR THE MASSES  "#unagiornatadimerda"
   (2014 )

Per i “Polar For The Masses”, già il penultimo album, “Italico”, uscito nel 2013, rappresentava una piccola svolta. Quarto lavoro, primo in italiano. La scelta di scrivere testi in inglese aveva permesso alla band di calcare palchi internazionali con largo anticipo rispetto “alla media”, ma il cambio di rotta è stato tanto coraggioso, quanto azzeccato. “Italico” lasciava presagire l’imminente esplosione della band, almeno nel panorama indie italiano, per cui l’hype intorno a “#unagiornatadimerda” è stato abbastanza elevato. Anche il titolo contribuiva ad alimentare la curiosità dei fan e di chi si affacciava, per la prima volta, all’ascolto un gruppo che, di certo, non difetta in fatto di schiettezza. Sin dalle prime battute, si comprende come gli spunti di riflessione intorno a questo disco siano molteplici: dall’intro quasi “in medias res” del brano d’apertura (“Il Meccanismo”), alla straordinaria batteria che scandisce un ritmo rapido e aggressivo, a titoli che non lasciano scampo a equivoci. Una sorta di ibrido tra i Marlene Kuntz di “Catartica”, gli Afterhours di “Sui giovani d’oggi ci scatarro su” e, in alcuni passaggi, il cantato di Pierpaolo Capovilla. Con un ritmo senza soluzione di continuità per tutta la mezz’ora di durata, emergono testi urlati come slogan: una critica destruens, un’amara denuncia contro un sistema pesantemente malato ("il meccanismo si è frantumato da sé”), una violenta invettiva contro l’inerzia dei giovani, e una feroce condanna alla rassegnazione degli adulti. Probabilmente, sono due i brani che più possono essere rappresentativi, sotto questo punto di vista: “Stronzi”, in cui parole di straordinaria veemenza anticipano un pregevole assolo di batteria, e “Dentro il progresso”, uno spaccato quasi lucreziano di un progresso che, in quanto solo materiale e non accompagnato da quello morale, risulta sfumare, essere vanificato, ed essere solamente un luogo figurato in cui “sentirsi perso”. Si parla anche di ''Cervelli in fuga'' nell’omonima canzone, e di consumismo e tempo perso in “Non hai tempo”: di certo non è tempo perso ascoltare quest’album, in grado di incarnare alla perfezione la rabbia di più di una generazione, con straordinaria grinta e un noise rock ai confini dell’heavy. I Polar For The Masses hanno dato vita a uno dei migliori lavori della scena indie italiana del 2014, confermando tutte le buone sensazioni generate dai primi tre dischi e da “Italico” in particolare. Di talento ce n’è tanto, il tempo è dalla loro: la consacrazione è lì che li attende. (Piegiuseppe Lippolis)