recensioni dischi
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INSIDE THE HOLE  "Impressions"
   (2014 )

Da Robert Johnson a scendere, sarebbe eccessivo sentenziare che il blues abbia eletto la profondità dei testi o la varietà cromatica delle composizioni a proprio tratto distintivo: al fin della licenza, stiamo sempre a disquisire di quelle dodici battute, di una musica ancestrale che è anima e groove, calore e slancio, fisicità. Tutti elementi che sembrano conoscere e padroneggiare magistralmente gli Inside The Hole, power-trio tosto e rumoroso che non proviene da Austin, Texas, nè da New Orleans, Louisiana, bensì - chi lo direbbe mai – dall’hinterland palermitano. Poco importa che nel loro quasi-debutto, i cui brani ri-registrati per l’occasione provengono in gran parte dall’esordio del 2011, i temi affrontati rientrino nel più classico linguaggio che si addice al genere, ossia una miscela di orgoglio, donne, autoreferenzialità, variegata umanità e un filo di machismo à la AC/DC, tanto non siamo qui a ricercare poesia nè cervellotiche elucubrazioni. Pazienza anche per alcuni veniali peccatucci di pronuncia tra un brusco “fuck” e un rude “love”: ci pensano le mitragliate della chitarra di Roy Zappia a sommergere le perdonabili imperfezioni nella dizione, regalando trentaquattro minuti di riff taglienti, bassi da guerra, assoli fulminanti, drumming pestone e timidissimi accenni di melodia (il ritornello di “Impressions”), all’insegna di un hard-blues robusto e graffiante incentrato su un superbo dosaggio delle dinamiche e sulla voce stentorea, roboante ed aggressiva dello stesso Roy. Il quale dispensa ruggendo un vasto campionario di rock battagliero, tra sberle da Guns ‘n Roses (“We’ll be free”, “Love me baby”) ed echi zeppeliniani (“I pay for you”), accenni metal (“I’ll fight for me”) e cavalcate da Johnny Winter (“Begins the blues”), fino alla sassata di “Beer! Sex!...and fucking Roll!” lanciata come un treno in corsa ad una folle velocità da Motorhead (manca giusto quel vecchio trombone sfiatato di Lemmy). Non c’è un istante di tregua in queste dieci fragorose fucilate sparate a rotta di collo, dieci proiettili esplosi senza freni nè filtri nel disco sincero e diretto di una onestissima band che non mancherà di fare della sostenuta baldanza della dimensione live la propria arma vincente. Essenziali, ruvidi, esplosivi: meritano sicuramente fiducia, nel nome di un salutare, disinvolto, talora necessario disimpegno e di un approccio vigorosamente rispettoso ad una materia che dimostrano di masticare con una dimestichezza da veterani. (Manuel Maverna)