recensioni dischi
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BLACKDAHLIA  "Fragments"
   (2014 )

Se la ricerca della novità ad ogni costo vi intriga particolarmente, il gothic-rock non fa per voi: il concetto è – per contrappasso – limpido e cristallino. Ma se appartenete a quella schiera di anime erranti che amano talora cullarsi in una meditativa malinconia affidata a crepuscolari ballate in tonalità minori, questo disco è perfetto. Il quintetto foggiano dei Blackdahlia, originariamente formatosi come duo sei anni orsono, giunge meritatamente e non senza fatica al suo primo full-lenght su etichetta Areasonica, nel segno di una musica tanto tetra nell’andamento quanto melodiosa nella linea di canto della deliziosa vocalist Samuela Fuiani, co-fondatrice del gruppo insieme a Ruggero Doronzo, nonchè pianista di formazione classica. Le linee guida sono delineate, i sentieri già ampiamente battuti, la direzione quella indicata da Evanescence, Lacuna Coil et similia, ma in svariate occasioni, e nonostante paghi debito alle più blasonate ascendenze, la band sfiora la perfezione formale indovinando incisi, chorus e dinamiche fino al più insignificante dettaglio: è il caso dei quattro brani iniziali, ciascuno dei quali brilla per sintonia ed arguzia compositiva, in un suadente equilibrio tra le più disparate istanze portate in dote. Fra digressioni che lambiscono un certo metal addomesticato (interessanti lo staccato di basso e le suggestioni prog di “Fly”), spingendosi talora fino ad una inattesa aggressività (la stordente saturazione del finale di “Wounds”), si infiltrano incastri intriganti che uno smaliziato acume da mestieranti eleva a potenziali hit (“Falling down”, “No regrets”), complice un buon lavoro di produzione ed un proficuo arrotondamento del suono, ricco e rigonfio, mai ridondante né sovraccarico. Grazie ad una stesura che nulla o quasi rischia, ma nulla o quasi disperde nè vanifica, l’album conserva una elegante gradevolezza di fondo, seppure nel finale affiorino segnali di stanchezza coincidenti col rallentamento dei ritmi: a fronte dei migliori episodi (“Eclipse” sa svilupparsi con un crescendo tanto naturale quanto ben delineato), le tracce che vorrebbero suscitare e raggiungere un più sofferto, partecipato, dolente intimismo si rivelano forse le meno incisive, specie laddove insistono sul medesimo registro senza trovare sbocchi armonici che valichino l’idea iniziale (“Lost in the daylight”, “Goodnight”). Nonostante l’abbassamento dei giri non sembri necessariamente giovare a questa musica teneramente oscura, “Fragments” resta un prodotto capace di suscitare tra gli adepti di certo culto l’interesse che merita e che, auspicabilmente, la band saprà alimentare con altri lavori di pari livello. (Manuel Maverna)