CRISTINA DONA' "Così vicini"
(2014 )
Nel giorno del suo compleanno, paradossalmente, è Cristina Donà che fa un regalo al pubblico: il suo ottavo album, “Così Vicini”, quattro anni dopo “Torno a casa a piedi”. Il brano d’apertura è la titletrack, un pezzo che crea un’atmosfera intima e delicata, come fa un po’ tutto il disco, a partire dal suo titolo. Con un testo ricco ed elegante, nelle forme e nei contenuti – l’unico non scritto interamente dalla cantante, in questo caso coadiuvata da Saverio Lanza – e con sonorità un po’ malinconiche, si vola verso il pezzo più rock di tutto l’album. Si tratta di “Il senso delle cose”, a livello di scrittura fra i pezzi più ispirati. Arrangiamenti mai banali, sound grintoso e assoli sono il contesto perfetto per esortare, con l’eleganza tipica della cantante, a cercare il senso delle cose nelle persone, viaggiando ben oltre le apparenze. Bastano due brani per comprendere come l’abbandono di una major rappresenti per Cristina già un passo avanti, permettendole di tornare a marcare il suo vero territorio: sintesi ben riuscita tra pop e musica d’autore, tra venature folk, momenti rock. Il tutto impreziosito da una voce fra le migliori del panorama indie italiano e da testi sempre di buon livello. A onor del vero, non basta un ascolto per carpirne tutti i pregi, ma “Così Vicini” è in grado di muoversi tra la vivacità di “Il senso delle cose” e l’introspezione psicologica de “Il tuo nome”, tra canzoni d’amore come “Perpendicolare” e riflessioni crude come “Siamo vivi”, quasi un oraziano invito a godere del presente che scivola, sfugge, sfuma. Le agende sono troppo piene, i ritmi sono sfrenati: non c’è nemmeno più il tempo per ascoltare il proprio silenzio. “L’infinito nella testa” è un’immagine un po’ leopardiana e un po’ ossimorica dell’umanità che, “divinamente”, è “niente” nello spazio e nel tempo. È uno dei momenti più alti dell’album, suggellato dalla firma al quadro intitolato “Così vicini”, rappresentata da “Senza parole”, nel quale ogni pezzo è una pennellata ed è collegato agli altri da una sorta di fil rouge che avvolge con delicatezza un album bello per la sua straordinaria complessità. (Piegiuseppe Lippolis)