recensioni dischi
   torna all'elenco


ALBERTO FORTIS  "Do l’anima"
   (2014 )

Alberto Fortis continua a macinare chilometri di musica e torna a sorprendere. ''Do l’Anima'', il nuovo cd che racchiude quattro anni di lavoro, è stato realizzato in modo atipico e suggestivo, insieme al co-produttore Lucio Fabbri. Chiusi due mesi in studio a suonare di tutto, senza aiuti esterni, perché gli altri musicisti arriveranno solo in seguito, a scremare tra le 40 canzoni scritte negli ultimi quattro anni, a scegliere la via, insomma. È Lucio a suggerire ad Alberto un approccio insolito: puntare tutto sulla melodia mettendo da parte la poliedricità compositiva che da sempre è uno dei marchi di fabbrica di Fortis. Le 11 canzoni di ''Do l’Anima'' – che vedono la partecipazione di Biagio Antonacci, Roberto Vecchioni e Carlos Alomar – tendono all’essenza. Sono tutte rivestite di purezza e genuinità, dall’iniziale ''Tu lo sai'' (che battezza il cd dopo l’intro parlato de ''Alla mia maschera''), esoterica e quasi empirica con i suoi riferimenti nascosti alla cabala, a quella ''Buonamore'' che chiude il cammino raccontando l’ultimo metrò dell’amore con sullo sfondo uno skyline metropolitano. Un cd che, seguendo il percorso classico di Fortis, affronta sì temi che parlano dei valori fondamentali ma sempre al servizio del quotidiano, mai in modo astratto e generico. Quello che cambia, rispetto al passato, è la chiave d’accesso, che ora è sorprendentemente più carnale e viscerale. Ascoltando le tracce si respira una coesione resistente alle intemperie, dove è stato tolto il superfluo senza alcun timore, perché, come diceva Miles Davis: “una volta finita la canzone, devi pensare a cosa sottrarre per avere la canzone vera”. Solo in un caso, Fortis ha provato ad aggiungere, ed è a proposito della foto di copertina. La storia è bella: la copertina del nuovo disco era già pronta, fissata da tempo nei colori e nelle forme. Poi, un giorno, Fortis va al MiArt, dove, passeggiando per gli stand, si imbatte nelle opere di un’artista sudamericana di stanza a Miami. Si chiama Nina Surel, dipinge donne dal volto algido e dalla provenienza ignota, quasi aliena, immerse in contesti bizzarri o multimaterici. Quadri ieratici che sembrano ambientati nel futuro ma che raccontano bene il presente. Fortis chiede di conoscere l’artista, ne nasce una bella sintonia che si traduce in collaborazione: Nina rielabora la copertina, la rivisita, la trasforma senza snaturarne l’essenza, mantenendo sempre quel senso di mistero che rende speciale l’arte, tanto che alla fine non si capisce se Fortis stia indossando la maschera per nascondersi, sdoppiarsi, moltiplicarsi o se, più probabile, la stia togliendo per tenere fede al titolo e mettersi a nudo. ''Do l’anima'' perché l’anima è tutto quel che conta, in questo tempo sbandato dove le canzoni sempre più raramente fanno rima con emozioni. Qui ce n’è fino allo stordimento e va bene così. Le canzoni non salvano più il mondo, ammesso l’abbiano mai fatto, ma sono comunque una luce - a volte flebile come di candela, altre volte potente come faro – in questa notte sociale dove in casa fa freddo e “fuori è Vietnam”. Dopo 35 anni e infiniti chilometri di musica, dopo due dischi che hanno cambiato faccia alla musica italiana (l’esordio e ''Tra demonio e santità''), non è roba da poco.