MOORDER "Moorder II"
(2014 )
“Moorder II”, ovvero il nuovo lavoro discografico del chitarrista ferrarese Alessandro Lamboghini col suo quintetto omonimo, si presenta come un caleidoscopico e multiforme contenitore di groove, parti scritte ed improvvisazioni corali, temi unisoni e sghembi che si alternano a momenti di intensa evocazione, riprendendo certi stilemi jazz-rock e progressive (indirizzato alle commistioni della scena newyorchese più che al progressive sixtees e seventies), ben miscelati ad inflessioni provenienti da New Orleans, dalla tradizione americana delle marchin' band e, potrei azzardare, anche dall'italianissimo retaggio bandistico, miscelando sapientemente (e direi con rara maturità) jazz meticcio, funk e rock di diverse matrici. Si presenta come un disco assolutamente strumentale, per ascoltatori attenti e curiosi, nel quale la forte matrice street dell'ensemble (grazie alla presenza di trombone e tuba, oltre ad alla solida e consueta sezione ritmica basso elettrico- batteria) rende la tessitura musicale marcatamente spostata verso le basse frequenze, invadendo gli spazi d'ascolto di reiterati unisoni, riff e vamp sui quali si muovono le linee chitarristiche sia tematiche che più strettamente improvvisative. Le influenze alternative-rock di Lamborghini si evidenziano già dalla prima traccia ”Jesus zombies crew”, senza disdegnare le incursioni funk-’70, quasi blaxploitation, di “Flat kick” o di “Pipum” (che si pone come un road-groovie con influenze cinematografiche abbastanza evidenti). “Afro-bones” esplora le infinite possibilità dei tempi ternari di matrice più strettamente africana, evidenziando le doti improvvisative di Lamborghini. Nella composizione non mancano ovviamente citazioni e ripescaggi dal vissuto personale dell’autore (reinterpretati a fumetti nel bel booklet dei disco); “Mini spiders” rievoca accadimenti dell'infanzia con ragni come attori, “Abcd”, per sua stessa ammissione, è dedicata agli Ac/Dc. Ad ogni modo, da Zappa ai Melvins, da Ligeti a Zorn, da Frisell a Beefheart (al quale il nostro dedica la chiusura del disco con “Beef ice”, col bel solo di trombone), queste le influenze primarie, a detta dello stesso Lamborghini (che evidenzia ottime doti di scrittura e perizia d’arrangiatore), alle quali aggiungerei influenze M-base e dei nostrani Zu. Registrato in presa diretta come fosse un live-set, “Moorder II” trasmette energia, gran senso dell’interplay e sicurezza nell’esecuzione di temi non certo semplici, ponendo l'ensemble in primo piano. Un disco che necessita (come quasi tutti i dischi, del resto) di qualche ascolto per poter entrare nel Moorder-mondo (il nome, essendo Red Room al contrario, ha forti valenze cinematografiche, citando e ricordando i due capolavori ''Twin Peaks'' e ''Shinin’'') ma che può incuriosire e divertire ascoltatori in cerca di musica più di ricerca e non necessariamente vincolata alla forma canzone. (Davide Penta)