ELOISA ATTI "Penelope"
(2014 )
Jazz, etno-folk, ritmiche quasi humppa e polka, personaggi dall'antica Grecia, una voce morbida, duttile, adatta al sottofondo musicale come non mai: è tutto questo "Penelope", album d'esordio (come solista) di Eloisa Atti. Dodici canzoni, dodici ritratti di personaggi provenienti in gran parte dal mondo della mitologia, mescolati ad altri, costruiti dall'artista. Nel primo brano, ''Penelope'' per l'appunto, la bolognese parla della moglie di Ulisse, mettendole in bocca parole adatte al caso di una donna costretta a dover aspettare per vent'anni il proprio marito ("l'amore viene, mi rincorre, s'infiamma, si strugge e poi cambia colore, ti tiene, ti sfugge, ma quando è arrivato mi ha solo sfiorato: lo aspetto dal giorno in cui non s'è fermato"), rimarcandone le sofferenze che, magari, nel poema omerico vengon fuori a fatica, dato il ruolo di modello di comportamento che s'intendeva affidare alla moglie di Ulisse. Nel secondo brano, "Barbabianca", la Atti dà vita ad una sorta di anti-Omero, da non imitare. "Punto di vista", terzo brano, sembra scritta per il teatro. Il cambio di ritmo (lento e grave quando a parlare è Polifemo, acuto e più vivace quando la voce di è di Ulisse, impersonato dalla Atti stessa) è uno stratagemma molto efficace. Brano veramente ben riuscito, con una sottile ironia, percepibile già dal titolo: ''punto di vista'' perché il brano è impostato come un colloquio fra il ciclope e l'eroe, fra due diversi modi di vedere la realtà, appunto. ''Punto di vista'' perché è così che il ciclope spiega il fatto di avere un solo occhio, ''punto di vista'' perché i ciclopi "non vedono di buon occhio gli stranieri" e ancora, perché, com'è noto dalla mitologia, Ulisse se ne sbarazzerà conficcandogli un bastone infuocato nell'occhio, dopo avergli fatto bere del vino. "Santa, erotica, strega ipnotica" è la Circe del quarto e omonimo brano: qui la Atti pare parafrasare Omero, descrivendo, in modo lapidario, quella dea che era in grado di attirare gli uomini col suo canto e poi trasformarli in maiali. Dopo il vivace e azzeccato intermezzo ("Lee dee don dee down"), brano da ballare tutto d'un fiato, dopo l'allegra "Scilla e Cariddi", punto di vista d'un padre che vede nelle sue due figlie la reincarnazione dei due mostri che abitavano nello Stretto di Messina, e dopo la malinconica "Il Roseto", c'è la romanticissima "Mille più mille", che pare ancora la voce di Penelope: un canto di fedeltà e una manifestazione di profondo amore ("Non c'è distanza e non c'è nostalgia, ed ogni alba che vedi è anche la mia") per Ulisse che lei ancora attende, malgrado i tentativi dei Proci. "Non mi hai mai visto correre, ma con l'aiuto degli Dei potrai vedermi navigare": la triste "Telemaco" si apre con le parole del figlio di Ulisse rivolte a suo padre. Telemaco non vide mai suo padre prima dei 20 anni, poiché nacque mentre l'eroe si recava a Troia. Ma da adulto, appunto dopo vent'anni, partì alla sua ricerca, dopo aver rischiato di morire ("ma sono il figlio di un eroe e so difendermi da solo") e di qui trova spiegazione l'inizio del brano. Decima traccia, "Argo". Inizio lento e cupo, finale in crescendo. Un po' come la vita di Argo che nell'Odissea soffrirà per l'assenza del suo padrone fino a vivere l'ultima fortissima emozione al suo ritorno: "sai che per me fidarmi ed esser fedele è inevitabile, come morire. E morire dall'emozione sarà il mio, delicato, ultimo gesto d'amore". "Mendicante" è il penultimo brano: trasmette tensione, come il finale dell'Odissea, quando Ulisse torna travestito da mendicante e uccide i Proci. L'album si chiude in bellezza con la commovente "Sogna il grano". L'impresa di Eloisa Atti, di scrivere una nuova Odissea, dando voce ai personaggi, è geniale quanto riuscita. Se musicalmente può apparire ripetitivo, il disco si lascia apprezzare molto sul piano dei testi, dunque, mai banali e figli di quella cultura che continua a lasciare tracce nella nostra vita ed in quella della cantante bolognese, che ha prestato la sua voce ad alcuni personaggi della mitologia greca in modo originale ed elegante. Chiunque abbia qualche reminiscenza dei poemi omerici, dovrebbe certamente ascoltare quest'album. Che strapperebbe qualche sorriso spontaneo, ne siamo certi. (Piergiuseppe Lippolis)