recensioni dischi
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PROPAGANDA  "Noise and girls come out to play"
   (2012 )

E' uno dei gruppi di cui sono uscite il maggior numero di raccolte, remix, retrospettive, e tutto quello che volete. Non a livello assoluto, perchè forse qualcuno, ma pochi pochi, li batte. Però, parametrata su quella che è la discografia ufficiale, allora forse si tratta di un record. Perchè tutte queste raccolte, remix, retrospettive e tutto quello che volete, nascono da uno, e uno solo, album uscito a loro nome, almeno nella formazione classica e riconosciuta prima che, qualche anno dopo, si tentasse di andare avanti in maniera quasi apocrifa. Quale sia il fascino dei Propaganda, anche a tanti anni di distanza, rimane un mistero: figli della ZTT, casa discografica esperta in "few hit wonders" caratterizzati da grande strumentalità elettronica e remix di lunghezza infinita (citofonare Frankie Goes To Hollywood e Art Of Noise, tra gli altri), i quattro germanici nascono e muoiono con "A secret wish", album di sperimentazioni dove si citava Edgar Allan Poe come il cinema tedesco anni '30, dove uno dei singoli più famosi ("Duel") veniva macinato in una versione caotica dal titolo quasi simile ("Jewel"), e dove non ci si annoiava un attimo. Un attimo, appunto, perchè la band si sciolse poco dopo, senza nemmeno l'ombra di un bis: problemi contrattuali, pare, perchè gli accordi con i dirigenti erano tali da rendere quasi nulli gli introiti per i musicisti malgrado il successo. E una carriera solista che andò bene soprattutto alla nasuta quanto affascinante, affascinante quanto nasuta, cantante Claudia Brucken. Da quel giorno, spesso e volentieri sono usciti raccoltoni di extended come usavano a quei tempi, così come anche questo, che cerca di racchiudere qualche inedito rimasto galleggiante o comunque fuori dalla discografia ufficiale per quasi un trentennio (la cover di "Femme fatale") e una nuova scarnificazione di quelle poche ma intense canzoni pubblicate dal quartetto. Che forse ha il suo segreto nella capacità di unire musica, ritmo e arti visive: basti andare a ricordare i pochi video dell'epoca, dove in "Dr.Mabuse" si recuperavano le atmosfere degli horror tedeschi anni '30, in "Duel" sembrava di vivere all'interno di una guerra tra spie nella Germania degli anni '60, e in "P:Machinery" si andava quasi ad omaggiare quell'idea dei manichini musicali inventati dai Kraftwerk, anche loro tedeschi. Tanta suggestione, con i due boys dietro a fare soggezione, con la seconda voce Susanne Freytag a guardare l'audience come a volerla studiare per poi interrogarla sulla sedia elettrica, e la già citata Claudia Brucken a cantare mischiando spavento e fascino. Questo greatest, che esplicita come la band rendesse al meglio nelle versioni lunghe delle loro composizioni, è una occasione per andarli a richiamare, oggi che ogni tanto, qua e là, su internet riappaiono loro spettacoli anche relativamente recenti, che mai però hanno portato al tanto sognato, ma forse ormai scaduto, sequel di "A secret wish". Che, quindi, è giusto resti ineguagliato nel pantheon degli album magari non multimilionari, ma sicuramente indispensabili per capire tutte le sfaccettature degli anni '80. (Enrico Faggiano)