recensioni dischi
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ZUCCHERO FORNACIARI  "Blue's"
   (1987 )

Citando una sua canzone di qualche anno prima, dal Festival forse gli avevano urlato 'Torna a casa'! Ma Sugar poteva ben permettersi di spernacchiare chi, negli ultimi cinque anni, lo aveva trattato come un Ivano Calcagno qualsiasi. Festivalbar, quindi, dove non si ponevano tanti problemi, e dove lo amavano per quello che era: stortignaccolo, con un berrettino in testa probabilmente riciclato da un vecchio concerto di Lucio Dalla, magari scopiazzatore del Joe Cocker appena riesumato da Kim Basinger, ma unico e gigantesco bluesman italico. L’album che ne confermò il successo, lanciandolo addirittura oltre l’attesissimo “Bad” di Michael Jackson, che fu costretto a fare anticamera prima di arrivare al numero uno, aveva tante di quelle canzoni di spicco da faticare a trovare un singolo iniziale. All’epoca, poi, era più semplice: si dava il disco in pasto alle radio, e fate voi. Non come ora, quando oltre al singolo scelto è quasi proibito far sentire altre tracce. E in “Blue’s” c’era da morire abbuffati: “Con le mani”, “Pippo”, “Non ti sopporto più”, oltre alla maratonica “Solo una sana e consapevole libidine eccetera”, cantata quasi per sfregio al Meeting di Comunione e Liberazione (dove tanto bene non restarono, a dire il vero). E, se un tempo erano gli italici a bussare in Britannia, ora era il contrario, con la stella cadente di Paul Young a restare un po’ a galla duettando nella versione single di “Senza una donna”. Zucchero aveva l’Italia in mano, e insieme a Vasco Rossi si ergeva a paladino del testo non in inglese. Uno faceva rock, l’altro blues: se qualcuno pensava che oltre confine potessero andarci solo Cutugno e i Ricchi e Poveri, era forse il momento di cambiare idea. (Enrico Faggiano)