recensioni dischi
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LAURA PAUSINI  "Laura"
   (1994 )

Pippo Baudo la richiamò immediatamente a Sanremo. Dove la sua “Strani amori”, in un coacervo di canzoni da toccarsi le parti intime, parera anche troppo allegra. Arrivò terza, ma subito si capì che ormai la riviera e Pennellone stavano strette alla Laurettina nostra. Come stretti stavano forse gli abiti, che magari da anni combattevano con il bombolone post discoteca e la piada squaquerone e rucola (per lungo tempo, infatti, i gossippari assicuravano gravidanze della ragazzotta). Il diktat fu quello di vestire solo giacche da cavallerizza, roba simile a quella di Spagna ai tempi di Easy Lady, castrandone magari qualche velleità di fare anche la carina. Il secondo album fu immediato, e ricalcò le tracce onomastiche di Whitney Houston, tanto amata dalla Lauretta: nome e cognome per l’esordio, solo nome per il bis. Nulla di diverso dal precedente: testi da cameretta, quando magari piangi su un cuscino colmo di lacrime per lui che non c’è più, però senza scadere nell’infantile. Un secondo singolo (“Gente”) che raccattò discreti successi radiofonici, e una formula che riusciva ad essere garbata, quasi perfetta nel suo non aver alti né bassi. Umberto Eco scrisse 'Fenomenologia di Mike Bongiorno', a spiegare il successo anni ’60 di mr. Lascia o Raddoppia. Sarebbero servite anche delle Fenomenologie di Lauretta nostra, a spiegarne il successo, prima, e il boom mondiale dopo. Forse, soltanto essere al posto giusto, al momento giusto, con il prodotto giusto. Amata dalle teenager, e magari vista con buon occhio dai maschietti, pronti a cavarsi gli occhi davanti alle bonazze classiche, ma non immuni da una certa tenerezza verso l’accento mai perso dalla ragazza di Sciolarolo. Se poi non esiste un romagnolo che non dica di aver avuto con lei una storia, allora il quadro è completo. (Enrico Faggiano)