recensioni dischi
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JUNKFOOD  "The cold summer of the dead"
   (2014 )

Esce per Trovarobato/Parade e Blinde Proteus, il secondo disco di Junkfood, ''The Cold Summer of The Dead'', registrato in presa diretta a novembre 2012 alle Officine Meccaniche di Milano da Tommaso Colliva (produttore per Calibro 35, Afterhours, Verdena, Muse e molti altri) e mixato sempre dallo stesso Colliva. Rispetto al precedente ''Transience'' (uscito sempre per Trovarobato/Parade nel 2011) il clima è più austero: benché dal punto di vista esecutivo rappresenti un’evoluzione di alcuni concetti già presenti nel disco di debutto, stilisticamente si segnala immediatamente per la maggior compattezza della scrittura e dei sentimenti che da essa scaturiscono. In questo senso va la scelta del titolo, traduzione dall’ultimo verso della poesia “Novembre” di Giovanni Pascoli, eletta a cornice emotiva e concettuale dell’intero lavoro. Il riferimento letterario funge da perfetto anello di congiunzione tra la singolare proposta dei Junkfood ed il contingente periodo in cui l’album è stato registrato e mixato. I giorni delle registrazioni (rispettivamente le feste di Halloween, Ognissanti e della Commemorazione dei Defunti) e la registrazione in presa diretta non sono casuali: l’intento della band è quello di restituire un affresco a tinte fosche di un viaggio interiore fatto di fughe, stati di alterazione, labirinti, deliri e rivelazioni inattese, realizzando un disco imponente dal punto di vista dello spettro sonoro, e potersi permettere di replicarlo esattamente così anche dal vivo. Oscura e simbolista, la poesia di Pascoli fornisce quindi il luogo ideale per la musica e ci rimanda direttamente ai primi giorni di novembre ed all’estate di San Martino, periodo in cui, dopo le prime gelate, si verificano spesso condizioni climatiche di bel tempo e relativo tepore. Tuttavia, l’illusione primaverile lascia presto il posto ad un clima austero, sinistro, senza speranza, con il colore funebre dell’autunno che riporta alla mente la caducità della vita ed il ricordo di coloro che non ci sono più. Appunto: “…é l’estate fredda, dei morti”. Il risultato è un album coinvolgente, viscerale e visionario, che miscela la componente ambient con l’elettronica ed il rock, dando vita ad una sintesi musicale inedita e fortemente evocativa e personale. La struttura del disco è ellittica: il lavoro si apre e si chiude nel rumore e nell’indeterminatezza, come a suggerire che anche gli estremi del nostro percorso di individui sono immersi in un eterno, ciclico ritorno. In mezzo si trovano gli affanni, le false speranze, la disperazione e la rabbia per la nostra impotenza di fronte a questa ineluttabile condizione, ma anche il tremore e l’incanto che ci avvolgono nei rari istanti in cui abbiamo la percezione di aver penetrato un qualche segreto di questo oscuro e spietato meccanismo. La musica e l’immaginario sopra descritto trovano infine compiuta raffigurazione nella copertina realizzata da Paolo Masiero di Housatonic Design Network elaborando gli scatti dell’artista ungherese Kinga Megyesi.