SANTO NIENTE "Il fiore dell'agave"
(2005 )
In un’intervista di parecchi anni fa, Umberto Palazzo, voce e chitarra nonchè ideatore e leader assoluto del Santo Niente, dopo l’uscita dai Massimo Volume che fondò insieme a Mimì Clementi, ebbe a dire - più o meno - che la sua nuova band si prefiggeva come obiettivo quello di "dare fastidio, producendo musica brutta". Mai (auto)definizione fu più calzante e più adatta di questa a descrivere una proposta quantomeno ostica, decisamente isolata e solitaria nella scena alternativa italiana. L’attitudine dimessa della band la mantiene ad un basso profilo, mentre la musica è fortemente improntata ad un approccio noise sui generis; i pezzi lambiscono l’atonalità in più di un’occasione, prendendo la forma di blocchi monolitici senza alcuno slancio emotivo nè apertura armonica. In quasi tutte le tracce si ha la sensazione di ascoltare composizioni che non approdano a nulla non volendo approdare a nulla: sono come piste di sabbia nel deserto che muoiono tra le dune senza condurre in nessun luogo. L’effetto complessivo oscilla tra lo stordimento e la noia, tra canzoni incapaci di suscitare emozioni immediate perchè volutamente chiuse, implosive, compresse e trattenute nonostante le fragorose esplosioni chitarristiche che a tratti sembrano lacerarle. E’ un equilibrio precario, intrappolato tra violente deflagrazioni ("Le superscimmie") ed accenni di rock concettuale ("Prima della caduta", davvero bella), passando per costruzioni più lineari (la cupa "Luna viola", la sostenuta "Facce di nylon") fino all’oscura introversione dell’epilogo di "Aloha" (splendido il testo), un filo sospeso sul nulla. Non facile, non bello, non piacevole, non male. (Manuel Maverna)