DIRE STRAITS "On every street"
(1991 )
In carriera, al signor Mark Knopfler, che oggi viaggia verso i settanta un po’ sfiatato e imbolsito, sarebbe stato sufficiente anche cantare la lista degli ingredienti delle fette biscottate per essere comunque ritenuto dal mondo intero un semidio. In “On every street” lo troviamo all'atto conclusivo della luminosa parabola Dire Straits, impegnato a vergare in solitaria egemonia l'album che segnò il commiato del gruppo dalle folle oceaniche, quelle masse di estasiati, competenti ammiratori che ne avevano decretato il trionfo su scala mondiale e la notorietà da trasmettere ai posteri. In genere ogni disco dei Dire Straits segue modelli prefissati, ogni canzone rifacendosi ad un certo archetipo proprio della band, e "On every street" non rappresenta un’eccezione, offrendo precisi punti di riferimento: dai lentacci d'atmosfera nei quali Mark gigioneggia col suo chitarrismo inconfondibile ("Fade to black", "You and your friend", con passaggi che sembrano arrivare direttamente da "Brothers in arms", la lunga ma deboluccia "Planet of New Orleans"), ai boogie trascinanti in stile "Money for nothing" (la cavalcata up-time di "The bug", che richiama "Walk of life", o la disimpegnata "Heavy fuel"), per giungere infine a sublimare l’esplicita passione per il country, qui plasmato in tre episodi ("When it comes to you", "Iron hand" e la conclusiva "How long"), tanto gradevoli quanto non indispensabili. Ben quattro i momenti che si discostano invece dal solco della tradizione straitsiana: il calypso anni '50 di "Ticket to heaven", lo shuffle furbetto di "My parties", il singolo di lancio "Callin' Elvis" col suo incedere esitante, e soprattutto la title-track, tre minuti nei quali Knopfler gioca col suo crooning arrochito e indolente su un giro appena suggerito, prima di lasciar correre il ritmo lungo una ventina di semplici note che risuonano come tintinnio di cristallo. L'assolo che aspetti non arriva mai, se non nel fade-out che inghiotte una canzone assolutamente perfetta, lineare, facile, terribilmente Dire Straits. (Manuel Maverna)