recensioni dischi
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DEBOUT SUR LE ZINC  "Les promesses"
   (2006 )

I Debout Sur Le Zinc sono un ensemble francese composto da ben sette musicisti, che circa vent’anni orsono decisero di consolidare in un’unica entità le proprie band di provenienza (una di estrazione rock, l’altra marcatamente folk) dando origine ad un connubio tanto singolare quanto caratteristico. In un calderone di stili, rimandi ed influenze prendono vita le tredici composizioni che nel 2006 fecero di “Les promesses” il loro album ancora oggi più acclamato ed apprezzato: con piglio baldanzoso e sostenuta teatralità prendono vita trame musicali impregnate di suggestioni etniche, canzoni variegate che pescano a piene mani dal folklore europeo (balcanico e tzigano, ma anche irlandese, yiddish e naturalmente francese), restituendone una versione sì aggiornata al verbo del pop (il funky truccato di “Comme s’il en pleuvait” è un bel numero chitarristico alla Louise Attaque, come anche la saltellante andatura beatlesiana di “Fallait pas”), ma sempre e comunque intrisa di un umore stradaiolo (“Mieux que rien”, sullo stile di Sanseverino), al contempo zingaresco ed apolide. Al cospetto di armonie che richiamano atmosfere cinematografiche e circensi addirittura di chapliniana e felliniana memoria (gli strumentali “De fil en aiguilles” e “Les tontons”), così come aperture orchestrali da marching-band (il crescendo finale de “La declaration”, la loro hit più nota, trasforma un flamenco indemoniato in un’orgia di suono satura all’inverosimile), si può perdonare qualche eccesso barocco di troppo (“Te promettre la lune”, “La lettre perdue”), reo forse di appesantire con un’aria zuccherosamente melò episodi ai quali gioverebbe maggiore concisione. In un rutilante florilegio di violini, fisarmoniche e fiati - più accorato che festoso – la voce stentorea di Simon Mimoun dipana storie d’amore rigonfie di strabordante sentimentalismo, in definitiva l’elemento che sottrae forse a queste canzoni fascinose e sensuali un pizzico della loro intensità, pur senza privarle dell’afflato suadente che le pervade. Disco costantemente sopra le righe che trova in ciò la propria ragion d’essere, dispensando con abbagliante intensità una profonda, romantica bellezza. (Manuel Maverna)