VILLAGERS "{Awayland}"
(2013 )
L'esordio del 2010, “Becoming a Jackal”, aveva subito messo in risalto le doti di Villagers, al secolo Conor O'Brien, bravo sia nel creare sostenuti brani folk-pop, a metà strada tra i Dire Straits e Andrew Bird, che nel costruire sinuosi fraseggi. Valore aggiunto del progetto Villagers sono appunto i testi, attraverso i quali O'Brien descrive, ricorrendo ad un suadente e cinematografico storytelling, il lento passaggio dall'età dell'infanzia a quello della maturità. Lento perché lo scatto in “Becoming a Jackal” non avviene mai, il cambiamento è ancora allo stadio di bisogno, dapprima vissuto individualmente e poi, una volta lievitato in desiderio, enunciato con foga, un richiamo impellente impossibile da ignorare. Il bambino-non-ancora-adulto di “Becoming a Jackal” guarda dalla finestra e fantastica sul mondo là fuori da cui è invitato caldamente a tenersi lontano, perché altrimenti si trasformerebbe in un “jackal” proprio come tutti gli altri. Parenti ed amici escogitano le rime più sagaci per spegnere la curiosità del protagonista, stringendo attorno al suo collo quel cordone ombelicale mai del tutto reciso. La partenza è però solo rimandata, una promessa fatta a sé stesso (“Set The Tiger Free”) e all'ascoltatore, l'unico confidente rimasto ad O'Brien: ''So before you take this song as truth / You should wonder what I'm taking from you / How I benefit from you being here / Lending me your ears while I'm selling you my fears''. Con “{Awayland}” Villagers è finalmente diventato un Jackal. Concepito dopo un lungo blocco creativo, questo secondo album è il giusto riscatto a seguito di un interminabile periodo di tribolazioni dovute all'eccessiva pressione piombata su O'Brien, una pesante nube che solo un altrove musicale poteva dipanare. Ora in “{Awayland}” si parla di una fuga in atto, letterale o figurata che sia. O'Brien svincola dalla visione fanciullesca e provinciale che in origine aveva del mondo, lasciandosi andare a testi più universali (la personificazione con la natura in “The Waves”), dolcemente anti-sistema (l'anatema di “Grateful Song”) e finalmente cinici (la disillusa filastrocca di “Nothing Arrived”). Dal punto di vista sonoro, Villagers ripropone il chamber-pop dell'esordio aggraziandolo questa volta con timidi fraseggi indietronici inseriti con parsimonia all'interno della tracklist (“The Waves”,“Judgment Call” e “Rhythm Composer”). Abbandona il guitar pop dei Dire Straits allineando la progressione del suo “{Awayland}” alle sperimentazioni di “Amnesiac” e “In Rainbows”, evitando egregiamente di usarle come sterile citazione (vedasi “Earthly Pleasure” e “Passing a Message”). Completamente filler-free, “{Awayland}” in soli 44 minuti regala momenti che si focalizzano nella mente e si imprimono sulla pelle, come il dolceamaro guitar pop di “Nothing Arrived”, la cinematografica “The Bell”, oltre le già citate “Judgment Call”, “Earthly Pleasure”, “Passing a Message”. “{Awayland}” è la terra della perdita dell'innocenza, il vecchio mondo di cui eravamo gregari scompare dietro al nuovo, più artefatto e sensuale, ma così affascinante per lo smarrimento che ne proviene da non riuscire a resistere alla sua attrazione. Conor O'Brien al meglio della sua forma firma uno dei migliori sophomore di questi anni.