recensioni dischi
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SKA-P  "Lágrimas y gozos"
   (2008 )

A sei anni di stanza dal fortunatissimo exploit di “¡¡Que corra la voz!!”, gli Ska-P, sestetto di anarchici madrileni assurti a fama mondiale grazie ad un massiccio passaparola che ne incrementò esponenzialmente le vendite e la notorietà nel corso dell’ultimo decennio, si riunirono sul finire del 2007 dopo una pausa ufficiale durata oltre un biennio ed interrotta soltanto dalla pubblicazione di un doppio album live. Il risultato di questa temporanea reunion – seguita da un nuovo, non si sa quanto definitivo split nel 2010 – porta il titolo di “Lágrimas y gozos”, lavoro che indurisce il suono rimpiazzando parte dello ska goliardico con la durezza del metal-punk di maniera, ma non rinunciando tuttavia alle consuete tematiche anti-tutto già abusate negli episodi precedenti. “Lagrimas y gozos”, pubblicato ancora per Sony Bmg, è un lavoro che non offre novità nè sorprese, ma che spinge con furia cieca su testi più che mai irriverenti e politicamente scorretti; è un compendio di odio, sarcasmo bruciante e sferzante iconoclastia che bersaglia in egual misura individui ed istituzioni, malcostume e sperequazioni sociali, ma lo fa con un piglio a tal punto furente da apparire come una sorta di epitaffio oltre il quale non vi può essere altro che il silenzio (possibile) o l’abiura (improbabile). Nel mirino di questi sei terroristi della ribellione in musica entrano in primis il Pontefice ed il Vaticano al completo (“Crimen sollicitationis” è un violentissimo inno anticlericale incentrato sulla pedofilia, e rappresenta il fulcro attorno al quale ruota tutto il disco, a partire dalla copertina), gli onnipresenti Stati Uniti d’America (“El imperio caerà”), la globalizzazione (“Los hijos bastardos”) e la natìa Spagna (“Ni fu ni fa”, “El tercero de la foto”, “Wild Spain”), passando per attacchi vari a Sarkozy (“La colmena”) ed esaltazioni di Chavez (“El libertador”, con l’ennesima rispolverata all’immarcescibile adagio guevarista ''el pueblo unido...''), tirate ecologiste (“Decadencia”) e storie di violenza sottoproletaria (“Fuego y miedo”, tanto irresistibile quanto pericolosamente somigliante alla “Malavida” dei Mano Negra). A patto di non prestare sempre un’attenzione eccessiva agli slogan ritriti gridati con voce stentorea dall’immarcescibile Pulpul e contrappuntati dai cori anthemici e dai vocalizzi beffardi di Pipi, occorre ammettere che la band macina con consumata abilità un’ora di sostenuto rock oltranzista di facile ascolto splendidamente adatto ad una dimensione live (on stage sono fantastici e a dir poco coinvolgenti), buono per un consumo molto più piacevole e disimpegnato di quanto cotanta pomposa militanza talvolta suggerisca. (Manuel Maverna)