recensioni dischi
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SWELL99  "Life"
   (2013 )

“Life”, così si intitola l’ultimo lavoro, anzi, l’ultima fatica degli ormai rodati Swell99. Fatica? Sì, è decisamente il termine più adatto a descrivere quello che vuol dire fare un disco in Italia oggi, sia perché avere un contratto con una major è impensabile (e comunque le “indipendenti” non è che siano da meno...), sia perché qui parliamo di rock, ed il rock oggi non va più molto di moda, causa “rapper de noaltri” ovunque e Dj come se piovesse… Tutta gente che, tolte alcune eccezioni, di cultura musicale sa poco o nulla, gente che non sa cosa vuol dire studiare musica, gente che di dover lavorare per poter mantenere attive le proprie passioni non ne ha avuto mai bisogno, visto che per fare musica basta il Mac comprato da papino. Gente che però suona, sì, suona davvero, nei locali, gli stessi locali che dovrebbero essere pieni di band come gli Swell99 che, in barba a tutto questo, lavorano sodo, provano, compongono e registrano tutto da soli. Ascoltando “Life”, ci si accorge subito che la band in questione non è tirata su per passatempo o per fare i fighetti di turno, capisci che dietro c’è tanta gavetta (l’aver aperto negli anni i concerti di Verdena, Vasco e Marlene Kuntz sta a dimostrarlo), tanto lavoro in sala prove e altrettanto in studio. Tutto al fine di proporre un sound “insolito” nel panorama nostrano, un sound decisamente americano e soprattutto moderno. Infatti sono quasi sparite le reminescenze grunge di “Comunicazione” (primo lavoro della band maceratese), e ora si fanno largo suoni enormi, compressi e cristallini, tipici di band contemporanee come Alter Bridge, Three Doors Down e Shinedown, band che, come gli Swell99, non si sono mai dimenticate del Seattle Sound, ma hanno cercato attraverso l’unione di melodie pop a massicce distorsioni di chitarra, tipiche del metal, di trovare una nuova via, che ormai sembra accontentare i palati di rockettari e metallari, ma anche di chi del rock non è mai stato un grande fruitore. E sotto questo aspetto gli Swell99 ci sanno fare: testi semplici, melodie immediate, riff possenti, ritornelli corali, piccoli cameo di archi e tastiere, tutto questo in un disco che realmente diventa accessibile all’orecchio di molti. Certo, con questa filosofia si paga lo scotto di essere snobbati da qualche purista del rock, o si passa inosservati da chi è sempre alla ricerca di sperimentazioni sonore d’avanguardia, ma l’arma vincente degli Swell99 è sempre stata e sempre sarà la semplicità, non hanno paura delle note scontate, perché sanno che comunque da quelle stesse note ogni volta si possono tirare fuori emozioni nuove, e “Life”, tra rabbia, amore e malinconia, sta lì a dimostrarlo. Il disco apre le danze con il riffone di “Urlo”, una delle due tracce in italiano dell’album, per poi proseguire alternando pezzi tirati come la sanguinolenta “Bloody Knife” e la corale “Screaming to the world”, a pezzi più lenti come “Talk”, forse la vera perla del disco, e “Butterfly”. Canzoni lente si, ma mai tediose, vista comunque l’alternanza tra strofe tranquille e ritornelli adrenalinici, carichi di distorsioni e ritmiche di batteria possenti. Insomma, anche le cosiddette ballads, non sono come quelle di gruppi affini per sound (non penso ci sia più un rockettaro disposto a sentire l’ennesima menata sdolcinata alla Nickelback), tanto che di canzoni acustiche non ce ne sono, eccetto l’altra italiana del disco, “Non è la fine” che però, guarda caso, ha un paio di piccole incursione elettriche. I cinque ragazzotti marchigiani ci regalano un lavoro maturo, dove melodia, ritmo e cattiveria sono in perfetto equilibrio, un disco impreziosito dal mixaggio di Enrico Tiberi e dal mastering di Massimo Varini, e, se non siete convinti, vi dico pure che nella traccia “Boost” fa la comparsa anche il gran maestro Andrea Braido! Quindi... stay rock, stay Swell99! (Davide Giustozzi)