RADICAL FACE "The family tree: the branches"
(2013 )
Ben Cooper, in arte Radical Face, è un cantautore trentunenne originario della Florida, valido ed affermato esponente del più classico e spoglio folk-rock all’americana, intriso di melodie intimiste supportate da una chitarra acustica e poco altro. “The branches”, secondo capitolo di una trilogia dedicata ad una famiglia immaginaria, è un disco piacevole sotto molti aspetti, che non brilla certo per pathos nè innovatività, ma coglie nel segno grazie ad un garbato, aggraziato incedere mai sopra le righe. Niente di nuovo sotto il sole, sia chiaro, ma non sempre è necessario sorprendere ad ogni costo per realizzare prodotti gradevoli: inutile cercare sperimentalismi astratti, sonorità avanguardistiche o guizzi devianti in questo album low profile che erge a modello uno stile volutamente dimesso e confidenziale, ravvivato da qualche trucchetto disseminato ad arte fra le dodici tracce in scaletta. Fanno capolino idee timide, ma ben ordite, come il crescendo campagnolo di “Summer skeletons”, con tanto di organetto vieux-temps, o il mezzo falsetto à la Justin Vernon in apertura di “The crooked kind”, con una melodia ben ampliata da un delicato, suadente coro femminile. L’andamento generale resta piuttosto compassato, veicolato da un triste mood melanconico ben sostenuto da tonalità minori: il risultato finale impasta Vic Chesnutt (“The gilded hand”) e Mark Everett (“We all go the same”), Josh Ritter (“Reminders”, “Letters home”) e Samuel Beam (“Holy Branches”), regalando sì qualche spunto degno di nota, ma fermandosi ben al di qua della auspicabile soglia di interesse che avrebbe inteso suscitare. Disco che non delude, ma senza entusiasmare. (Manuel Maverna)