recensioni dischi
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VISAGE  "Hearts and knives"
   (2013 )

Lo avevamo dato per disperso, Steve Strange, che in Italia era apparso a metà anni ’90, in precarie condizioni fisiche ed etiche, per dar voce all’ennesima cover di “Fade to grey”, stavolta assieme ai Datura. Poi, in anni dove bene o male tutti ci hanno riprovato, alla fine mancava solo lui e la sua sigla, Visage, che era congelata da quasi un trentennio. “Fade to grey”, appunto, pietra miliare del tecno pop dei primissimi anni ’80, e diventata un classico andando forse anche a surclassare quei tanti fratellini di synth ed eyeliner che navigavano in quei tempi. Perfino gli Ultravox, non indifferentemente utilizzati nel costruire il successo di uno dei tanti soggetti dalla sessualità ambigua che gironzolavano nelle discoteche londinesi dell’epoca. E già parlare di Visage nel 2013 sembra un anacronismo non da poco, benchè anche nel secondo decennio del terzo millennio le opzioni per i nostalgici non siano proprio poche, anzi. “Hearts and knives”, alla fine, gode dei pregi e dei difetti di tutte queste operazioni, perché ad ascoltarlo senza sapere l’anno di produzione sembrerebbe di avere a che fare con un lavoro del 1982, tra riff di chitarra ed elettronica che nulla o quasi sembrano aver introiettato di questi ultimi lustri. Roba quindi buona per chi è rimasto legato a quei suoni, con buoni pezzi da singolo (“Shameless fashion” in primis) e forse solo la carenza di quelle atmosfere un po’ cupe e un po’ languide tipiche di quel periodo preferendo l’ordinaria amministrazione. Quando invece la formula era mettere un vocione cavernoso su basi synthpop e vedere quello che capitava. Il difetto è però quello, come sempre, di capire a chi indirizzare l’oggetto, dato che le nuove leve musicali faranno un po’ fatica a decodificarne i suoni, mentre è normale che, essendo stato “Fade to grey” uno di quei brani diventati poi evergreen, anche gli amanti del genere possano alla lunga sentire la nostalgia di quella ispirazione rimasta poi unica. Insomma, questo è un album che bene sta nell’ambito del revival, e che piacerà a chi non si è fatto prendere dalla modernità. Fermo restando che, anche fosse uscito nel 1982, si sarebbe detto “Ok va bene, ma ''Fade to grey'' era tutt’altra cosa”. Croce e delizia di chi fa 13 una volta nella vita e poi, chiaramente, anche facendo 11 non può pretendere di riscuotere alcunché. (Enrico Faggiano)