recensioni dischi
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TEST DEPT  "Totality"
   (1995 )

Fondati a Londra all’inizio degli anni ’80 e scioltisi definitivamente tre lustri più tardi, il collettivo aperto dei Test Dept riveste un’importanza storica notevole nel panorama della musica albionica, nella quale varò la scena industriale ed aprì la via alla commistione fra quest’ultima ed il fenomeno dei rave-party. Se inizialmente il quintetto – al quale si aggiungevano di volta in volta vari collaboratori prestati alla causa – si dedicò a sviluppare sonorità di matrice industriale, verso la fine della carriera preferì optare per l’approfondimento e lo sviluppo del filone techno, sempre rimanendo fedele all’accentuazione degli elementi ritmici. Mentre questo tipo di rumorismo – quello delle macchine, per intenderci - veniva impiegato originariamente per riecheggiare la condizione dell’individuo di fronte al frastuono – latu sensu - della vita quotidiana, i Test Dept, benchè politicamente ed inequivocabilmente schierati, impiegarono sempre il fragore sintetico con finalità ritmica, in ciò fungendo da precursori alla diffusione su scala mondiale di un genere sdoganato dal mondo delle discoteche da gruppi come i Prodigy (per fare un esempio). “Totality”, quattordici brani per un’ora e un quarto di musica, arriva nel 1995, in pratica a fine carriera, ed è album oramai votato quasi esclusivamente alla deriva techno, tra suggestioni trip-hop (l’opener “Once the red dust passes, pt.1”, con la brillante vocalist Katie Jane Garside) e frullatori esclusivamente ritmici (i sei minuti di “Timebomb” e i sette di “Gamma ray”, pura ossessione senza armonia), inserti etno (le arabeggianti “Al’Rabih” e “Zazen”), groove danzerecci (“Gripper”) e chill-out sensuale (“Genius”, con una tromba superlativa). Disco per addetti ai lavori, che i non assuefatti al genere – come il sottoscritto – troveranno monotono, arido e ripetitivo, ma comunque non privo di una sua coesione e di qualche suggestiva intuizione. (Manuel Maverna)